Il mondo della cooperazione sociale partecipa attivamente alla promozione delle pari opportunità sia attraverso il coinvolgimento delle donne all’interno dei percorsi imprenditoriali (nelle cooperative sociali Legacoop la presenza femminile è più elevata che nelle cooperative degli altri settori in ogni livello di inquadramento, arrivando ad un totale del 74% di occupazione femminile) che attraverso la messa in campo di progetti di autonomia, empowerment, conciliazione vita-lavoro, percorsi di inclusione lavorativa e servizi per il contrasto alla violenza sulle donne.
La Convenzione di Istanbul del 2011 auspica la presenza di “un centro antiviolenza ogni 10.000 persone”. Dati Istat certificano nel 2022 la presenza in Italia di 385 di questi centri, pari a 0,13 ogni 10mila donne. Nei centri antiviolenza e nei servizi di ascolto, protezione e inclusione delle donne vittime di violenza le cooperative sociali hanno storicamente un ruolo attivo, ma i requisiti delle ultime evoluzioni normative escludono molti soggetti dalla gestione di questi servizi, determinando di fatto una riduzione dei servizi a livello quantitativo e qualitativo, oltreché una mortificazione dell’impegno storico e professionale di moltissime cooperatrici sociali per le quali la lotta alla violenza è una missione e oltreché un lavoro. È il primo punto della campagna “Lavoro che include, lavoro che cura #parità” di Legacoopsociali che ha visto la sua tappa a Firenze il 4 marzo in un confronto a più voci.
“Abbiamo chiesto la revisione di alcuni requisiti dell’Intesa Stato-Regioni perché escludono quei soggetti che non fanno esclusivamente l’attività di servizi di contrasto alla violenza contro le donne”, ha affermato a presidente nazionale Legacoopsociali Eleonora Vanni. “Per noi è essenziale lavorare per garantire professionalità e continuità di assistenza alle donne che intraprendono un percorso di uscita dalla violenza – ha aggiunto Vanni – e molte cooperative sociali hanno fortemente investito in questa direzione in termini di formazione delle socie-lavoratrici e costituzione di equipe dedicate, supporto finanziario proprio alla sostenibilità delle attività, strutturazione di un sistema di servizi integrati per occuparsi dalla prima accoglienza fino all’inclusione sociale e lavorativa. Questo è il valore aggiunto proposto dalla cooperazione”.
Per Emma Staine, assessora della Regione Calabria e coordinatrice della Commissione politiche sociali, pari opportunità e terzo settore della Conferenza delle Regione delle Province autonome: “Sulla violenza e parità di genere c’è ancora molto lavoro da fare a livello istituzionale, normativo e culturale, è un lavoro su un cambiamento di mentalità e assunzione di una maggiore consapevolezza che riguarda tutti e tutte”.
L’onorevole Martina Semenzato, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio ha evidenziato l’apprezzamento per l’impostazione del confronto “che affrontando il tema della violenza e della disuguaglianza di genere propone un focus sul lavoro. Tutto passa dall’indipendenza economica perché senza questa nessun individuo raggiunge un livello sufficiente di dignità e autonomia di scelta”.
Esperienze cooperative
Alcune esperienze hanno raccontato la propria azione quotidiana durante l’evento di Firenze. C’è il percorso di cooperativa Alice a Prato, pioniera in Toscana con i primi centri antiviolenza a fine anni novanta e con le attuali strutture che coinvolgono quasi 500 donne; a Napoli la cooperativa Dedalus che, oltre a una casa rifugio, ospita in tanti servizi un numero molto alto di donne e anche persone Lgbtqia che sono presenti come socie-lavoratrici; nella valle del Sangro in Abruzzo la cooperativa sociale Horizon Service di Sulmona svolge diverse attività di contrasto in aree interne.
Violenza e autonomia sono strettamente intrecciate. Ci sono le cooperative sociali che rivendicano il percorso di equilibrio e parità di genere in un Paese che presenta dati allarmanti sul gender gap e il divario economico tra uomini e donne, come ha illustrato Antonello Scialdone di Inapp.
La cooperativa Crea in Toscana ha innescato un percorso sulla parità di genere attraverso il trattamento contrattuale e le esigenze di conciliazione vita-lavoro. Nel Lazio il Consorzio Parsifal ha la certificazione di genere, tra i primi nel centro-sud. La cooperativa “Lotta contro l’emarginazione” si occupa delle vittime di tratta nella realtà della provincia di Milano. Infine a Venezia la cooperativa Il Cerchio opera nel carcere femminile della Giudecca dove le detenute sono state incluse in un progetto di sartoria sociale.
Tutte le esperienze si legano dal racconto che mette al centro anche il linguaggio inclusivo: Gaia Peruzzi – docente di Media, genere e diversità alla Sapienza Università di Roma – ha sottolineato l’importanza delle parole sulle azioni di cura e inclusione.