FINANZA/ Sanità e PMI, la partita che l’Italia può giocare sui fondi europei

Vi segnaliamo l’articolo pubblicato oggi  23 marzo su https://www.ilsussidiario.ne  a cura di Valeria Aniello

Le politiche di coesione europee agiscono in questo momento sulla tutela della salute e su quella economica. L’Italia può approfittarne

Il coronavirus ha avuto la sua drammatica significativa comparsa in Italia nel mese di febbraio. Il 5 e 6 febbraio 2020 si sono tenuti incontri della Commissione europea sulla Programmazione 2021-27, nel corso dei quali sono stati illustrati, tra l’altro, lo stato del negoziato, la struttura che avranno i programmi e le principali differenze tra i cicli di programmazione 2014-20 e 2021-27. Le riunioni si sono tenute “a sale vuote”, anche se Francia, Spagna e Germania, rispetto all’Italia, all’epoca non erano ancora travolte dal virus. Cosa sta accadendo alle politiche di coesione in corso 2014-20 e a quelle in programmazione per il ciclo 2021-27?

A partire dal 1° febbraio 2020, la Commissione europea ha ampliato le spese ammissibili ai finanziamenti dei Fondi strutturali per indirizzare una parte delle risorse ancora disponibili sui programmi 2007-13 in capo alle Amministrazioni verso il potenziamento del fronte “sanitario” (attrezzature e medicinali, strutture per test e trattamenti, prevenzione delle malattie, e-health, dispositivi medici e di protezione, accesso all’assistenza per i gruppi vulnerabili), e verso iniziative di sostegno immediato alle imprese e alla loro liquidità (copertura del capitale circolante nelle PMI per far fronte alle perdite a causa della crisi, con particolare attenzione ai settori particolarmente colpiti) e ai lavoratori. Inoltre, la Commissione consente lo spostamento di importi significativi di fondi all’interno dei programmi in modo semplificato. 

Le politiche di coesione, dunque, agiscono in questo momento sulla tutela della salute e sulla tutela economica, proprio i due fronti antagonisti su cui abbiamo visto dibattere le scelte strategiche di alcuni Paesi nella lotta alla diffusione del virus. In realtà, in questo momento, l’operatività deve superare di gran lunga la strategia e la programmazione; perciò alcuni suggerimenti dall’esperienza valutativa possono essere utili:

– fare attenzione alle misure che si moltiplicheranno nell’emergenza nazionali e regionali e creare un luogo di governo e coordinamento tra misure promosse dalle varie amministrazioni, anche rispetto a quelle pregresse e di chiarezza di accesso ai cittadini;

– prepararsi alla riprogrammazione delle risorse 2014-20 in corso, soprattutto per le amministrazioni del Sud che hanno maggiori risorse, ricordando che prima di attuare nuove misure occorre razionalizzare quelle esistenti, soprattutto quelle con scarso tiraggio finanziario;

– pensare seriamente a una legittima sburocratizzazione e all’accessibilità delle misure di aiuti alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie;

– non occorre per forza pensare a nuove misure, ma si può anche potenziare quello che esiste e che funziona. In alcuni casi non c’è tempo per pensare a nuove misure ma occorre valorizzare, razionalizzare e coordinare quello che c’è;

– divulgare rapidamente dati di contesto e analisi che consentano una agevole programmazione 2021-27 e promuovere l’ascolto del partenariato;

– sul nuovo negoziato, forse si potrebbe cominciare, laddove la scarsità di risorse 2007-13 non consenta azioni significative, soprattutto per le amministrazioni del Centro Nord, agganciare la spesa futura sui programmi attuali, riprogrammati con “apertura di finestre” sul fronte sanitario e di aiuti alle imprese e all’occupazione. 

Il coronavirus può essere un’opportunità per mostrare un funzionamento delle istituzioni europee più snello e flessibile, ferma restando la salvaguardia del principio dello “spendere meglio”. Le crisi generano anche importanti opportunità di cambiamento, che non vanno sottovalutate. Abbiamo visto come alcuni settori, quali sanità e uso delle tecnologie nelle scuole, abbiano compiuto dei progressi incredibili in poco tempo mentre il tema dello spopolamento demografico, fino a qualche giorno fa una priorità nell’agenda delle policy, sembra temporaneamente e parzialmente riassorbito (ma si riattiverà, con modalità diverse alla fine dell’epidemia). Ciò a riprova del fatto che nel sistema, come direbbe l’economista Albert Hirschman, vi era uno slack che è stato rapidamente utilizzato, e che gli eventi negativi possono servire anche a tirare fuori “risorse nascoste, disperse e male utilizzate”.

Last but not least, occorre pensare seriamente a interventi per la coesione interna al Paese, messa a dura prova dai divari socio-economici che in queste circostanze emergono in maniera esasperata, dai flussi migratori di ritorno “da virus”, da beghe di sanitari stressati, e, perché no, anche da antagonismi fomentati sui campi di calcio, ricordando sempre che agli occhi del mondo, è difficile immaginare un’Italia della moda senza Pompei alle spalle…

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