Il MES non è una punizione, Il MES non è nemmeno “la” soluzione, ma allora che cosa è? Vediamo di capirci qualcosa.

Mes o Eurobond? Diavolo e acqua santa a confronto, ma come stanno davvero le cose?

Il Mes può essere un ottimo strumento se adeguatamente utilizzato, e il “Mes light” non è qualcosa di troppo distante rispetto agli Euro-bond tanto cari a noi italiani.

Cerchiamo di far luce sull’intera questione.

ll MES (Meccanismo europeo di stabilità) è un’organizzazione intergovernativa europea, ha sede in Lussemburgo ed è attivo dal 2012.

Esso, in altre parole, non è null’altro che un fondo di garanzia per la stabilità finanziaria della zona euro. Un grande salvadanaio di circa 700 miliardi di euro, riempito con i soldi di tutti gli stati europei, chi più chi meno, in rapporto alla ricchezza dello stesso Paese, che viene messo a disposizione degli Stati (se ne hanno bisogno) per ricapitalizzare il proprio debito pubblico.

Le armi del Mes

Fondamentalmente, le pallottole a disposizione di questo bazooka finanziario sono 5:

  • Concessione di prestiti ai paesi in difficoltà;
  • Ricapitalizzazione indiretta delle banche;
  • Acquisti di titoli sul mercato;
  • Linee di credito precauzionali;
  • Ricapitalizzazione diretta.

Gli ultimi 3 di questi strumenti, finora, non sono mai stati utilizzati. Paesi come Irlanda, Portogallo, Grecia e Cipro hanno usufruito dei prestiti concessi dal MES, mentre la soluzione della ricapitalizzazione indiretta delle banche è stata utilizzata una sola volta dalla Spagna.

L’Italia, rullo di tamburi, non è mai ricorsa al MES (nota da tenere a mente per future e lucide riflessioni).

Ora cerchiamo di capire perché odiamo il Mes.

Alcuni aspetti del MES

Prestereste mai i vostri soldi “incondizionatamente” ad un giocatore d’azzardo incallito? Certo che no.

L’assunto del MES è lo stesso, l’indebitamento, il più delle volte, deriva da una cattiva gestione dei conti pubblici, dal mal affare, dal “giocare d’azzardo”.

In generale, senza entrare troppo a fondo nei tecnicismi della procedura, lo stato richiedente deve sottoscrivere un protocollo d’intesa che verrà negoziato con la Commissione Europea a nome del MES.

Saranno pretese delle riforme specifiche (chiamatele pure “riforme lacrime e sangue”) necessarie per migliorare la situazione del Paese stesso: riforme strutturali, fiscali e del settore finanziario. Principalmente si tratta di tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, parallelamente a misure di stimolo alla crescita del Paese.

Un’altra criticità rivolta al MES riguarda il diverso trattamento che viene riservato ad alcuni paesi, chiamiamoli di serie A, rispetto ad altri di serie B. In Particolare, il meccanismo di concessione del credito è costruito in modo da facilitare l’accesso ai fondi di paesi che sono in regola con i conti pubblici (per esempio la Germania) e penalizza invece l’accesso ai fondi dei paesi che non rispettano i parametri di Maastricht, fra gli altri: rapporto debito/Pil superiore al 60% (come l’Italia). Nel secondo caso il Paese richiedente dovrà adottare le misure necessarie per rientrare all’interno dei parametri.

Infine, una critica tutta italiana, il nostro Paese ha versato troppi soldi al MES, troppi soldi, cioè, per riempire il salvadanaio.

L’Italia, in effetti, ha sottoscritto il 17,8% del totale dei 700 miliardi del fondo.

Forse troppi? Bisogna considerare che, come è ovvio, gli stati membri si impegnano a versare la propria quota in rapporto alla ricchezza del Paese stesso. Oggi l’Italia è il terzo contribuente del Mes (la Germania ha contribuito per il 26,96% e la Francia per il 20,24%), ma è anche la terza economia d’Europa. Vista così non sembra poi tutta questa ingiustizia.

Diciamo anche che se uno stato è sotto attacco speculativo e ha bisogno di rifinanziare il proprio debito, può decidere di chiedere soldi al mercato a tassi molto alti, oppure può richiederli al MES ad un tasso d’interesse decisamente più basso.

Infine, è bene dare un piccolo sguardo ai Paesi che ad oggi hanno usufruito degli aiuti del MES (Irlanda, Portogallo, Grecia, Cipro e Spagna) e domandarsi se stanno davvero così male rispetto al pre Mes. La Grecia è ormai lontana dal rischio di default e il Pil dei Paesi come Cipro e Irlanda cresce ad una velocità molto più alta rispetto a tutti gli altri Paesi Europei (ad eccezione della sola Malta). Con le dovute differenze, si piò davvero parlare di schiavitù europea?

Mes ed Eurobond ai tempi del Coronavirus

Il dibattito politico, fin troppo semplicistico di questi giorni, sta diventando a dir poco surreale.

La soluzione per uscire da questa crisi economica, per noi italiani, sembrerebbe essere soltanto una:

Eurobond.

Anche se quest’ultimo strumento fosse il migliore a cui si potesse ambire e se tutti i paesi dell’Unione fossero d’accordo, per sviluppare un simile sistema di debito sovranazionale servirebbe troppo tempo, impossibile per gestire una crisi di tale impatto. I soldi servono subito.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ad onor del vero, non ha tutti i torti a sostenere che, in questo caso, il MES è inadatto, insufficiente e forse anche ingiusto considerando che si tratta di una crisi esplosa a seguito di una pandemia imprevedibile e che nulla ha a che fare con la mala gestione dei conti di uno Stato.

Ci si chiede: la soluzione potrebbe essere quella di adottare il cosiddetto “MES Light”? Forse, ma anche in questo caso, prima sarebbe meglio capire cosa si debba intendere per “Light”.

L’Euroguppo (ad eccezione dell’Italia e dei suoi partner), oggi, sarebbe favorevole ad un MES senza condizioni, ma soltanto per quanto riguarda le spese sanitarie. Diciamolo meglio, se si firmasse oggi l’accordo europeo, così come presentato nell’ultimo euro summit, gli Stati in difficoltà economica potrebbero prendere a prestito, senza alcuna condizione, i soldi necessari per comprare attrezzature mediche, assumere nuovi medici e infermieri e altro ancora.

Gli stati membri, in questa fase, ne stanno parlando. Non possiamo sapere come andrà a finire la questione, ma l’ipotesi di un MES senza alcuna condizione e per tutti i tipi di spesa, a quanto pare, è in odor di trattativa.

Se dovesse passare quest’ultima linea, di fatto, a questo strumento verrebbe annullata la sua più grande criticità, ma, ne siamo certi, la questione MES continuerà a essere utilizzata come una mera leva elettorale.

Per maggiori approfondimenti sulla riforma del MES, vi invitiamo a leggere tutte le Faq di Banca d’Italia.