Proposta di Regolamento UE sugli imballaggi, Alleanza delle cooperative: criticità su tipo di provvedimento e ripercussioni su agroalimentare, vitivinicolo, sicurezza dei prodotti

È necessario un impegno dello Stato e del governo italiano in una interlocuzione forte con la Commissione UE perché i punti di criticità relativi alla proposta di Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio sono diversi. L’Italia, che ha delle peculiarità e delle specificità rispetto ad altri Stati UE, in particolare perché ha raggiunto livelli di eccellenza soprattutto in termini di riciclo, rischierebbe di essere penalizzata con un sistema che mira a colmare ritardi di altri Stati, che non hanno raggiunto gli stessi standard. Questa la posizione di Alleanza delle cooperative illustrata oggi, 28 marzo, in audizione in commissione Politiche UE della Camera, che sta esaminando la proposta di Regolamento in fase ascendente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà.

Sul provvedimento, mercoledì 29 alle 14.15 le commissioni riunite Ambiente e Attività produttive di Montecitorio hanno iniziato la discussione per l’espressione del parere alla Commissione UE, da approvare entro il 20 aprile prossimo. Al Senato, l’esame nella Politiche UE per i profili di sussidiarietà inizia domani alle 10, mentre quello in commissione Ambiente per il parere consultivo non è ancora calendarizzato, a palazzo Madama non saranno svolte audizioni.

Questa proposta di Regolamento, ha spiegato Alleanza, impatta il mondo delle cooperative sotto diversi profili, quindi lo Stato italiano si deve posizionare in maniera forte, in particolare evidenziando l’impatto su alcuni settori centrali, quali per esempio l’agroalimentare.

Secondo Alleanza, l’esame della proposta di Regolamento costituisce inoltre l’occasione per alcuni chiarimenti interpretativi sulla direttiva sulla riduzione delle plastiche monouso (direttiva 2019/904 single use plastics, SUP, recepita dall’Italia con il decreto legislativo 196/2021): bisogna tornare con forza sul tema delle plastiche compostabili, che vanno distinte dalle plastiche vergini, sul tema dei prodotti parzialmente in plastica, sul tema dell’etichettatura dei prodotti in plastica compostabile, che hanno la stessa etichettatura della plastica ordinaria, creando una forte confusione nel consumatore, che non sa dove smaltire il prodotto. Secondo Alleanza ci sono inoltre una serie di temi specifici su cui è necessario intervenire all’interno del Regolamento, tra cui la necessità di fare una differenziazione tra le tipologie di imballaggi: ad esempio, gli imballaggi del settore alimentare devono avere caratteristiche diverse da quelli per il trasporto.

Quanto alla forma adottata per questo provvedimento, la Commissione UE scelto una proposta di Regolamento comunitario, che sotto alcuni profili, sottolinea Alleanza, potrebbe essere di garanzia. Ad esempio, nel settore alimentare esiste un’esigenza di uniformare alcune disposizioni, ma l’esperienza ci ha insegnato che già molti Stati si muovono in maniera autonoma: la Francia e la Spagna, hanno già adottato il bollino compostabile, creando grosse criticità per le nostre aziende nel momento degli scambi di mercato. Sembra dunque preferibile, sostiene Alleanza, anche per una maggiore flessibilità, adottare lo strumento della direttiva, perché nel fissare i target lascia agli Stati membri la possibilità di valorizzare le filiere interne e quindi di fissare degli standard lasciando la possibilità di fare ulteriori valutazioni. Allenza delle cooperative chiede dunque al Parlamento e al governo di valutare se in questa fase sia opportuno entrare nel merito della forma giuridica o meno o se sia preferibile concentrarsi su elementi di dettaglio. 

Con riferimento alla tecnica normativa, Alleanza delle cooperative si è detta molto preoccupata dal rinvio ad atti delegati disposto dalla proposta di Regolamento per la definizione di elementi determinanti della disciplina. Per stabilire norme comuni, infatti, la proposta attribuisce alla Commissione il potere di precisare ulteriormente numerosi aspetti di dettaglio della nuova normativa attraverso l’adozione di atti delegati che sono destinati ad intervenire per disciplinare elementi molto rilevanti della materia, quali ad esempio la percentuale di contenuto riciclato minimo degli imballaggi in plastica, le prescrizioni per la riciclabilità su larga scala, criteri minimi obbligatori per gli appalti pubblici.

Il potere attribuito alla Commissione sarà esercitabile a tempo potenzialmente indeterminato – considerato che il termine di 10 anni previsto per l’esercizio della delega è tacitamente prorogabile per periodi di identica durata. È evidente, secondo Alleanza, che il meccanismo di rinvio previsto è destinato a creare forti incertezze in termini di disciplina, ma, soprattutto, di valutazione dei costi e degli impatti delle misure. Ritiene dunque indispensabile prevedere adeguati periodi di adattamento e, comunque, un meccanismo transitorio o di sospensione, nel caso in cui vengano individuati nuovi packaging a norma che determinino eventuali criticità di sicurezza, così da consentire alle imprese di orientarsi verso la transizione cogliendone le opportunità e non subendone soltanto gli oneri.

Impatto sul settore agroalimentare, della ristorazione e settore vitivinicolo. Una delle premesse che fa la Commissione è che bisogna eliminare gli imballaggi inutili. Il problema, spiega Alleanza, è che vengono classificati come inutili alcuni tipi di imballaggi che hanno una funzione centrale in termini di sicurezza alimentare, conservazione dei prodotti, conservazione della qualità e dell’integrità e della durabilità dei prodotti, che riguarda in particolare i prodotti agroalimentari. Per esempio, il divieto introdotto dall’articolo 22 del Regolamento, in combinato con l’allegato V, di avere degli imballi monouso sotto al chilo e mezzo, ovviamente determina criticità legate alla impossibilità per il settore agricolo di garantire, anche in fase di trasporto, la protezione degli alimenti, in termini sanitari ma anche di qualità e integrità del prodotto. Questo alimenterebbe anche lo spreco alimentare, perché si verificherebbe molto più deterioramento dei prodotti e quindi su questo Alleanza chiede una posizione forte dell’Italia nel sollevare la richiesta di eliminare questo divieto di imballaggi. Stessa questione riguarda gli imballaggi monouso nel settore della ristorazione che in quello turistico alberghiero. Il tema dell’igiene e della sicurezza, secondo Alleanza, non è sufficientemente tenuto in considerazione in questa proposta di Regolamento.

C’è il tema poi del riutilizzo degli imballaggi, prosegue Alleanza: questo determina forte preoccupazione del settore vitivinicolo, che è uno di quelli che rischia di essere particolarmente impattato, sia in termini di costi che in termini anche qui di igiene dei prodotti. Sono infatti molte le criticità che rendono il riutilizzo delle bottiglie un’ipotesi ritenuta poco percorribile: la necessità di igienizzare i recipienti, processo che, oltre a consumare acqua e prodotti detergenti, richiede la preliminare eliminazione delle etichette, spazi e sistemi per lo stoccaggio attualmente non disponibili, la concreta difficoltà di recupero le bottiglie vuote – tra l’altro non standardizzate, ma differenti per colore, forma e capacità, spesso anche personalizzate – anche tenendo conto delle distanze e dei considerevoli volumi di vino confezionato destinati al commercio estero. 

Occorre inoltre rilevare come la proposta di Regolamento rischi di determinare una sostanziale standardizzazione degli imballaggi, con pregiudizio in termini di marketing, considerando come, nel settore vitivinicolo, l’imballaggio e l’etichettatura siano importanti elementi distintivi del brand aziendale.

C’è inoltre il tema legato alla responsabilità degli operatori del settore agroalimentare, sia per la ristorazione che per la distribuzione. Alleanza ha ricordato che quando sono state introdotte le buste compostabili dell’ortofrutta, si è posto il problema del consumatore, che dall’esterno porta una busta e può riempirla al punto vendita. Il ministero della Salute italiano si era pronunciato dicendo che questa pratica rischiava di avere delle ricadute in tema di igiene e sicurezza e di responsabilità del gestore del punto vendita. Il tema della responsabilità è stato ampiamente ripreso in un’adunanza speciale del Consiglio di Stato nel 2018, che ha richiamato tutte le norme dei regolamenti comunitari sulla sicurezza alimentare, sottolineando come l’eventuale utilizzo da parte di un consumatore di un imballaggio o di una busta portato dall’esterno non esime da responsabilità il gestore del punto vendita. 

Un’altra questione, che è stata portata all’attenzione dal coordinamento delle associazioni agricole in Europa, ovvero COPA-COGECA, è il tema del bollino compostabile. Francia e Spagna hanno anticipato questo obbligo creando notevoli problemi ai nostri imprenditori, che esportano anche prodotti agricoli: usare un bollino compostabile senza che sussistano le caratteristiche tecniche è una contraddizione. C’è inoltre il tema della deperibilità di questi bollini che già nella fase di transito si dematerializzano.

Sul rapporto con la direttiva SUP: uno dei problemi che è stato evidenziato, in particolare dal settore lattiero-caseario, è la nozione di tappo. La direttiva SUP (904) impone che a luglio del 2024 bisognerà utilizzare tappi attaccati alle bottiglie. La linguetta che chiude il bricco del latte, che sta lì per ragioni di sicurezza e qualità del prodotto, sterilità e quant’altro, ha denunciato Alleanza, sembra rientrare nella nozione di tappo, ma è impossibile garantire l’igiene e allo stesso tempo prevedere che sia economicamente e tecnicamente fattibile lasciare che il tappo sia attaccato al bricco. Riteniamo dunque che la discussione su questa proposta di Regolamento sia l’occasione per porre dei correttivi anche alla direttiva SUP.

Secondo Alleanza, la proposta di Regolamento, rispetto alla gerarchia dei rifiuti, è in linea con quelli che sono i principali obiettivi, ma è evidente che c’è uno sbilanciamento, nelle ricadute che il Regolamento avrebbe sul mercato italiano, del riuso rispetto al riciclo. Il modello di cui si è dotata l’Italia è basato sul riciclo ed è evidente dunque che avremmo difficoltà in più a immaginare di ristrutturare completamente il sistema sbilanciandolo sul riuso. Per Alleanza sarebbe dunque opportuno richiedere il parere di un soggetto terzo per fare delle valutazioni di impatto più specifiche relativamente agli effetti della proposta di Regolamento sul nostro Paese e su determinate filiere. 

Gli obiettivi di riciclo dovranno essere necessariamente supportati e vincolati alla presenza del riciclo chimico, che deve essere normato in relazione al tema del contatto con alimenti e quindi della sicurezza del prodotto. Bisognerà chiarire se, secondo il Regolamento, gli imballaggi dovranno essere fatti con materiale riciclato dalla stessa filiera. Per quanto riguarda il tema del monouso e del settore agricolo, i limiti che il Regolamento intende introdurre, comportano che i Paesi del Sud Europa avranno molta difficoltà a esportare ai Paesi del Nord, che tendenzialmente non producono certi prodotti, c’è quindi un tema di mercato e, in generale, di diffusione della dieta mediterranea e quindi di qualità e di benessere dovuto agli alimenti.

Quanto infine al tema del deposito cuazionale, secondo Alleanza l’Italia non è strutturata come altri Paesi, quindi bisognerebbe introdurlo come opzionale o comunque con una gradualità nel tempo per consentire una capacità del nostro Paese di adattarsi a questa ulteriore richiesta. Sulla grande distribuzione organizzata (GDO): secondo Alleanza è necessario che non ci sia proprietà del materiale in capo al distributore, la GDO non deve essere né produttore né detentore del rifiuto.

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