L’intervista di Legacoop Lazio a Giuseppe Errico, presidente della Cooperativa La Valle che si occupa di riabilitazione e terapia: andare oltre i doveri

Accompagnarli fino alla fine. Talvolta sembra l’unica cosa che si possa fare. Sono persone con malattie neurodegenerative gravi, tumori cerebrali, patologie spesso senza ritorno. Ma non è l’unica perché è un dovere accompagnarli con cura, attenzione e umanità, fino al momento dell’addio. Una responsabilità che le famiglie, con le loro sole forze, spesso non riescono a sostenere. Per questo è necessario chiedere aiuto a chi ha gli strumenti, la professionalità e l’esperienza; ma non solo. Perché “bisogna saper andare oltre la propria formazione rigida e oltre l’assolvimento dei propri doveri” racconta Giuseppe Errico, presidente della cooperativa La Valle di Gaeta e neuropsicologo di formazione.

Nata nel 1982 prima come Associazione “Co.Ge” e poi a maggio del 1983 come Cooperativa grazie ad un gruppo di genitori di giovani disabili e da un gruppo di volontari, la cooperativa La Valle inizialmente aveva stessa vocazione ma tutt’altro campo di applicazione. “Era una cooperativa di tipo A e B ed ha gestito per 17 anni una azienda per il confezionamento di prodotti da casa integrando ragazzi con disabilità intellettive gravi” spiega il presidente.

“Ricordo un paziente che mi è rimasto nel cuore. Anche se all’epoca non facevamo ancora trattamenti domiciliari, io sono andato a casa sua a trovarlo nei suoi ultimi giorni perché quando segui una persona per tanto tempo e sai che è agli sgoccioli non puoi non sentirne l’esigenza e poco importa se non è parte dei tuoi doveri professionali e lavorativi – ricorda Errico -. C’era un bambino di sei anni che con un gomitolo di lana attorcigliava un filo attorno al letto del padre, creando tutti quanti questi nodi. Sua madre si chiedeva come mai il suo passatempo preferito fosse proprio quello – dice-. Ma nella sua simbologia, il bambino voleva legare a sé e alla famiglia il padre e impedirgli così di andare via. Non potrò mai dimenticarlo”.

E così basta un ricordo per capire come di fronte alla complessità di questo lavoro non si possa fare appello alla sola innovazione, alla sola strumentazione e al progresso. “Noi abbiamo palestre per la riabilitazione che si servono di sistemi di robotica, vasche per l’idrokinesiterapia e strutture attrezzate, ma non è importante solo questo: tutto passa attraverso lo scambio e la parola. Io lo farei diventare parte del processo di riabilitazione – continua Errico-. E infatti la cosa più importante da fare è la valutazione dei bisogni, delle necessità del paziente, per creare un percorso riabilitativo e terapeutico appropriato”.

Qui l’intervista completa.

 

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