Agroindustria, Gardini: “Modificare norme UE su imballaggi ed etichettatura: la filiera agroalimentare rischia lo stritolamento”

“La ‘messa a terra’ del Green deal, permeato da un ambientalismo ideologizzato, sta generando forti preoccupazioni nel settore agroalimentare. Le principali minacce alla competitività delle imprese del settore agroindustriale, oggi, sono rappresentate dalla proposta di regolamento in materia di imballaggi, dall’applicazione della direttiva SUP, dalle proposte normative in materia di etichettatura nutrizionale e ambientale”. Così Maurizio Gardini presidente di Alleanza Cooperative intervenendo, anche a nome dei copresidenti Gamberini e Schiavone, al tavolo Agroindustria aperto dai ministri Urso e Lollobrigida al ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Imballaggi. Sulla proposta di regolamento europeo il rischio concreto è che vengano travolte intere filiere strategiche del made in Italy. A subire i danni peggiori sarebbero le nostre imprese e le cooperative agroalimentari cuore pulsante dell’economia nazionale e trainante del nostro export. Abbiamo manifestato la nostra preoccupazione alla Presidente Meloni. Riteniamo indispensabile eliminare l’obbligo per i produttori di vino di utilizzare una quota di imballaggi da immettere nel circuito del riuso impatterebbe sui costi delle aziende, non garantirebbe adeguatamente gli standard di sicurezza alimentare e il riuso comporterebbe un notevole impatto ambientale.

Direttiva SUP. Sempre in tema di imballaggi è necessario che il Governo intervenga per evitare l’obbligo della cosiddetta “membrana sigillante” in plastica. Per determinati contenitori questo sistema non è applicabile se non con una modifica estremamente onerosa degli impianti di confezionamento e con rischi collegati alla salubrità del prodotto.

Etichettatura. La diffusione del Made in Italy nel mondo è un fattore strategico che abbiamo il dovere di supportare perché genera un valore indispensabile per la tenuta della nostra economia, i consumi interni sono fermi al palo, l’export è una leva competitiva irrinunciabile. Dobbiamo vigilare attentamente sulla presenza di quei fattori che minano la concorrenza prima di tutto tra Paesi UE, facendosi portavoce di una maggiore uniformità nelle regole del mercato unico. Si pensi alle conseguenze dell’etichettatura come il Nutri-score e all’etichetta irlandese sulle bevande alcoliche.

Logistica. Gioca un ruolo primario nel rendere le aziende realmente competitive sui mercati globali. È fondamentale potenziare i sistemi di logistica aziendale e rimediare, anche attraverso il PNRR, aumentando la dotazione finanziaria del bando già emanato per permettere il finanziamento di ulteriori progetti di buona qualità oltre a quelli già previsti, al gap infrastrutturale che da sempre connota la movimentazione delle merci nel nostro Paese, rendendo lento e difficoltoso l’approdo sui mercati internazionali.

Lavoro. La ripresa dell’occupazione sconta, da un lato, il traino dei contratti a termine e, dall’altro, la mancanza di lavoratori in alcuni settori driver di questa delicata fase economica. È necessario un intervento strutturale di alleggerimento del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e contributivo, tenuto conto che si apre una stagione di rinnovi contrattuali in cui l’inflazione giocherà un ruolo importante.

Credito d’imposta e interventi di filiera. Supportare l’accesso al credito delle nostre imprese per evitare che siano preda di criminalità o dello shopping straniero. Utilizzare risorse Pnrr per i progetti di filiera che mancano dalla “legge quadrifoglio”. Sarebbe fondamentale riproporre la misura del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative per incentivare le imprese agroalimentari che investono in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi.

Made in Italy. Siamo il Paese delle eccellenze. L’enogastronomia ha contribuito a rendere il Made in Italy uno dei brand più apprezzati nel mondo. La cooperazione agroalimentare svolge un ruolo fondamentale nella misura in cui è capace di dare massimo valore alle risorse naturali, umane ed economiche dei territori in cui opera. Oltre il 30% del nostro export dipende da tre Paesi (Germania, Stati Uniti e Francia) e il 61% è riconducibile a non più di 10 mercati. Serve perciò promuovere nuovi sbocchi commerciali, attraverso nuovi Accordi di Libero Scambio e più missioni internazionali alle quali la cooperazione chiede di partecipare. È necessario, poi, investire sul sistema fieristico nazionale che faccia da vetrina internazionale per il Made in Italy, in modo da competere con le altre grandi manifestazioni europee, come il SIAL di Parigi o l’ANUGA di Colonia.

 

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