“Il riuso sociale deve rimanere il cardine delle politiche attive che riguardano i beni confiscati alle mafie. L’accordo tra ministero dell’Agricoltura e Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC) ci preoccupa perché sottolinea la strada verso l’utilizzo economico privato. La destinazione, ai fini di riuso sociale, ai soggetti dell’economia sociale, che con le istituzioni condividono il fine dell’interesse della comunità, deve per noi rimanere prioritario come previsto dal codice antimafia. Servono modifiche e, soprattutto, politiche affinché questo si realizzi e affinché questo accordo non sia uno strumento per depotenziare la legge, nata da un milione di firme raccolte dall’associazione Libera nel 1996″. Così Rita Ghedini, presidente di Cooperare con Libera Terra, sottolinea le preoccupazioni poste dal recente accordo che è stato recentemente siglato da ANBSC e Masaf proprio nei giorni in cui il mondo vicino a Libera è riunito a Savignano sul Panaro (Mo) per l’annuale formazione, quest’anno con un approfondimento particolare sulla corruzione.
“I beni confiscati alla criminalità organizzata rappresentano una ferita sui diversi territori ed è fondamentale che trovino una nuova vita a vantaggio delle comunità, diventando motori di cambiamento culturale e di legalità. Per questo motivo il legislatore, in coerenza con quanto previsto dalla Costituzione, ha prediletto, nel codice antimafia, il riuso istituzionale e sociale gratuito a favore del terzo settore e delle cooperative a mutualità prevalente”.