In via generale, l’impianto del nuovo codice degli appalti è sicuramente condivisibile, almeno per le soluzioni che dà a una serie di questioni di carattere generale, soprattutto relativamente alla frammentarietà della disciplina applicabile, o anche della velocizzazione della realizzazione delle varie fasi delle prestazioni. Così Alleanza della cooperative italiane, in audizione lunedì scorso, 23 gennaio, in commissione Ambiente della Camera sullo schema di dlgs che introduce il nuovo codice dei contratti pubblici (a.g. 19), al momento all’esame consultivo del gruppo di lavoro e delle Bilancio e Politiche, a palazzo Madama il testo è al vaglio delle omologhe commissioni. I due rami del Parlamento si esprimeranno con pareri non vincolanti entro l’8 febbraio, poi il provvedimento tornerà in Cdm, che potrà recepire o meno le indicazioni parlamanetari, seguirà la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale per l’entrata in vigore.
In rappresentanza dell’Alleanza delle cooperative sono intervenuti Marco Mingrone di Legacoop e Chiara Rinaldi di Confcooperative Lavoro e Servizi, erano presenti anche Andrea Laguardia, direttore di Legacoop Produzione e Servizi, e Vincenzo De Bernardo, direttore di Confcooperative Federsolidarietà.
Riteniamo, ha detto Alleanza, che l’approccio, che è stato deciso dal Consiglio di Stato, ha un paio di difetti che potrebbero essere corretti dalle commissioni, soprattutto alla luce di come era impostata la legge delega da cui nasce il provvedimento.
Di seguito una sintesi dell’Audizione di ACI.
Consorzi di cooperative. Sulla tematica di come il movimento cooperativo partecipa alle gare, cioè riunendosi in consorzi di cooperative, bisogna sicuramente sottolineare il fatto che la disciplina è un po’ troppo scarna. Va integrata recependo quello che in passato era disposto dalla vecchia normativa e che a nostro avviso è stato rimosso in modo non opportuno dallo schema di dlgs approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri, con il rischio di tornare a una serie di problemi che noi avevamo negli anni ’80 e che la normativa, piano piano, spinta dalla giurisprudenza, ha via via risolto. In questa bozza, almeno in buona parte, per i consorzi cooperativi ma anche per i consorzi artigiani si è probabilmente fatto un passo indietro, che sicuramente non è positivo per i nostri associati: presenteremo e lasceremo alla commissione osservazioni molto puntuali e speriamo che possano essere tenute in considerazione.
Revisione dei prezzi. Per quanto riguarda la revisione dei prezzi, la specifica clausola che era prevista nella legge delega e che teneva conto in particolare del rinnovo dei contratti collettivi, con una finalità chiaramente sociale piuttosto significativa, non è stata per nulla tenuta in considerazione. Negli appalti ad alta intensità di manodopera, tener conto del costo dei contratti collettivi è fondamentale per evitare che la situazione si aggravi, e non solo per le imprese che svolgono il servizio, ma anche per i lavoratori impiegati nell’appalto.
A tutela di un mercato meno selvaggio e che dia garanzie ai lavoratori, è fondamentale secondo noi il ripristino del limite del 30% della rilevanza del prezzo nella valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Capiamo che il Consiglio di Stato abbia fatto delle osservazioni di natura tecnica sul fatto che le direttive non prevedevano tetti, ma ci troviamo di fronte a una norma che per tanti anni ha salvaguardato una concorrenza non troppo accesa nelle offerte e le tutele per i lavoratori.
Nell’articolo 11 dello schema di dlgs: il Consiglio di Stato ha stabilito il principio secondo cui nella gara bisogna indicare il contratto collettivo da applicare. Ha contestualmente stabilito che comunque l’impresa non è costretta ad applicarlo se garantisce le stesse tutele. La norma è troppo scarna e non consente di mantenere un rapporto corretto tra indicazione del contratto e tutele costituzionali. L’imposizione dell’applicazione di un contratto collettivo infatti, nel nostro sistema costituzionale, in nome del principio della libertà sindacale, non è applicabile, per cui bisogna sempre lasciare libertà nel garantire le tutele dei lavoratori. Se si trattasse esattamente delle stesse tutele, significherebbe obbligare ad attuare un determinato contratto collettivo, svuotando quindi di significato la via d’uscita corretta che il Consiglio di Stato ha individuato. La norma va dunque resa più chiara: l’impresa deve dare garanzia di equivalenza delle tutele, che non può essere una garanzia di uguaglianza.
Cooperazione sociale. Nel definire ciò che sono i servizi sociali, nel testo si fa riferimento solamente alla metodologia di appalto. Noi riteniamo che anche le concessioni siano applicabili ai servizi sociali, come dicono le norme europee, dunque bisogna inserire una specifica, che mancava anche nel vecchio codice, perché la concessione è uno strumento che nei servizi sociali viene spesso impiegato.
Sugli appalti riservati a operatori economici e cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate (articolo 61), riteniamo che non sia corretto che lo schema di dlgs limiti l’utilizzo di clausole di genere e generazionali solamente a questa tipologia di contratti, perché queste clausole devono riguardare tutti gli appalti, non solo quelli riservati a determinate tipologie di servizi. Sarebbe dunque corretto che questa norma si trovasse all’internodi un altro articolo, di carattere più generale.
Qualificazione delle stazioni appaltanti. Portiamo all’attenzione della commissione una proposta di modifica del testo, suggeriamo di introdurre la sospensione delle fideiussioni nel caso in cui le stazioni appaltanti qualificate non rispettino i tempi certi previsti dal codice e quindi per tutto ciò che concerne l’esecuzione delle gare delle aggiudicazioni.
Subbapalto. Chiediamo che il pagamento diretto avvenga solo nel caso del subappaltatore e non anche dei subcontratti, altrimenti si genererebbe confusione nei pagamenti, per esempio di quelli relativi alle mere forniture. Vorremmo fare una puntualizzazione su quel che riguarda il subappalto a cascata, perché è vero che l’Italia ha avuto una procedura di infrazione da parte dell’Europa, ma noi chiediamo che la stazione appaltante motivi la scelta del subappalto a cascata, nel momento in cui viene scelto, per evitare infiltrazioni criminali e per tutelare la concorrenza, il lavoro e la legalità.
Illecito professionale. Riteniamo che le procedure relative all’illecito debbano scattare nel momento in cui le fattispecie le procedure illecite siano accertate e quindi che non partano semplicemente da contestazioni. Questo principio fa parte della legge delega, secondo cui le fattispecie devono essere indicate puntualmente.