Cantieri del dialogo: bilancio positivo per percorso di formazione specialistica sul sistema cooperativo

Giunge al termine Cantieri del dialogo, un percorso di formazione specialistica dedicato al movimento cooperativo e rivolto in particolare alle regioni del Sud Italia: partito nel febbraio 2020, dopo 36 mesi arriva a compimento con alcuni importanti risultati, presentati al Palazzo della Cooperazione il 18 aprire nel corso dell’evento: “Il Dialogo sociale per una transizione sostenibile”.

Alcuni numeri: 23 cantieri formativi territoriali, a cui hanno partecipato 680 persone per 920 ore di formazione complessive erogate da 55 esperti (di cui 26 donne). In totale, sono stati raggiunti 939 destinatari finali – delegati e operatori di Legacoop e Confcooperative – che hanno avuto modo di partecipare a workshop e cantieri, permettendo così di raggiungere il primo obiettivo prefissato: facilitare le competenze specialistiche del sistema cooperativo e rendere più competitivo questo modello di impresa.

Un progetto che continua tuttavia a guardare al futuro, con alcune suggestioni ricordate nel corso della giornata da Annamaria Ricci, presidente di 4Form, l’Ente di formazione di Legacoop Nazionale che ha guidato Cantieri del Dialogo: “Per noi i cantieri sono tutt’ora aperti, con temi “caldi” per il dialogo sociale quali il diritto all’occupabilità lungo tutto l’arco della vita e il futuro del lavoro, che la digitalizzazione e la globalizzazione hanno accelerato, e quindi le grandissime opportunità che generano insieme alle perplessità sulle possibili disuguaglianze”. Si aprono, ha evidenziato la presidente di 4Form, “nuove prospettive per il ruolo delle associazioni come Legacoop e Confcooperative. È sempre più importante la funzione che l’associazione può avere come volano di innovazione: generare cambiamenti ed essere change maker per rendere le imprese più consapevoli dei rapidi cambiamenti del futuro”.

Cantieri del Dialogo è stato costruito su 5 pilastri fondamentali, individuati a partire dal manifesto “Cambiare l’Italia Cooperando” di Alleanza delle Cooperative: innovazione, sostenibilità, legalità, lavoro e welfare.

Il focus sull’innovazione, in particolare, “ci ha fornito tantissimi strumenti per la cooperazione ed e stato l’occasione per fare rete tra i partecipanti: sono nati gruppi di lavoro e community per proseguire il lavoro al di là delle aule di formazione”, è stato il commento di Simonetta Sorio di ICN –Italian Consulting Network, partner di Cantieri del Dialogo.  

“L’idea che l’innovazione sia uno degli strumenti della buona impresa cooperativa”, ha infatti precisato Giancarlo Ferrari, presidente della Fondazione PICO e tra i relatori della giornata, “è fondamentale per tramandarla al futuro; rispetto agli altri modelli di impresa, quello cooperativo ha una necessità in più: usare l’innovazione “bene”. In particolare, l’innovazione digitale permette all’impresa cooperativa di diventare una “eccellente” impresa cooperativa, perché non mutuano solo le competenze o la capacità di produrre: è possibile modificare anche la governance”.

Si parla di una vera e propria cultura di impresa innovativa. Ha continuato Ferrari: “La forma della rete è una modalità di lavoro “tra” le imprese come al loro interno. In un’impresa, come storicamente nella società, la quantità di informazioni a disposizione di una persona fa la differenza; le informazioni non condivise creano potere, una tendenza che va abbattuta soprattutto ora che ci sono le condizioni. Nelle imprese moderne la differenza la fa la capacità di condividere le informazioni con tutte le persone che vi partecipano: è il caso del tema del valore dei dati. Se consideriamo i dati non in modalità “estrattiva” e partiamo dal presupposto che sono di proprietà delle persone, questi possono essere utilizzati consapevolmente per generare valore condiviso”.

Ma da dove devono partire le imprese per coltivare una cultura imprenditoriale innovativa? Come ha spiegato Danilo D’Eliaad di Node società cooperativa intervenuto ai lavori: “La dimensione dell’impresa cooperativa (prevalentemente micro e piccola) pone delle barriere all’innovazione. C’è la difficolta di mettersi in gioco e di poter dedicare del tempo alla formazione delle competenze. Fortunatamente lo stesso modello cooperativo può offrire molti esempi positivi, e grazie a progetti come Cooperazione Digitale le associazioni di Alleanza delle Cooperative riescono a non lasciare sole le imprese, bensì ad accompagnarlefacilitando un confronto e un dialogo tra la cooperativa e il mondo dell’innovazione. Avere l’esempio di cooperative che hanno vissuto le stesse difficoltà di altre, e che stanno applicando delle soluzioni grazie alle quali “evolvono”, favorisce lo stimolo a molte altre imprese”. Il ruolo delle nostre organizzazioni, ha concluso D’Elia, “è quello di aiutare le imprese a capire quale bisogno hanno e come trasferirlo al loro interno”.

Nel corso della giornata è stata presentata la ricerca “D-Scoop. Mindset digitale e digital soft skills” realizzato da Informa Scarl e presentato dalla loro rappresentante Loredana De Palma. La ricerca è nata con l’intento di comprendere i fattori che abilitano persone e organizzazioni a cogliere le opportunità della transizione digitale e delle innovazioni.

Le abilità più richieste sono risultate essere:

  • Le capacità imprenditoriali, di lavoro in gruppo, decisionali e di risoluzione dei problemi
  • L’orientamento ai risultati
  • La capacità di svolgere più attività nello stesso tempo
  • La flessibilità e l’adattabilità
  • Il senso di iniziativa, l’ingegnosità
  • Il senso di responsabilità, l’autocontrollo, la capacità previsionale e l’attenzione ai dettagli
  • La capacità di gestire situazioni di incertezza, tensione e stress
  • La gestione del tempo.

La ricerca è stata condotta sulle imprese pugliesi, grazie al supporto del Nodo PICO Puglia, per fotografare le competenze singole e di impresa delle cooperative. Le 15 realtà intervistate, che sono state sottoposte a un assessment sulle competenze, hanno maturato una consapevolezza digitale che hanno tradotto in un nuovo agire imprenditoriale. L’importante, ha tenuto a sottolineare Ferrari, è di “non innamorarsi di ciò che facciamo, ma di ciò che funziona, altrimenti il rischio è che anche per le cooperative l’innovazione diventi uno strumento e non un fine”.

 

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