Cooperfidi: intervista doppia ai presidenti Gamberini e Frangi

Credito, finanza e opportunità per le imprese al centro dell’intervista doppia al presidente di Legacoop Nazionale Simone Gamberini e a quello di Cooperfidi Mauro Frangi.

  1. Quali sono a vostro avviso le cause che hanno generato il credit crunch?

Simone Gamberini (SG) – Questi anni sono stati segnati in maniera epocale dall’impatto della pandemia sulle nostre vite, e quindi anche sul complesso dei sistemi economici globali. La ripartenza della produzione a livello mondiale dopo un periodo di stop prolungato e dovuto a motivazioni di salute pubblica, già di per sé aveva prodotto un disordine difficile da districare; disordine nelle catene di fornitura globale, mancanza di materie prime essenziali, logistica mondiale impazzita, speculazioni incredibili. Nei primi mesi post pandemici abbiamo osservato una sorta di realizzazione di tutto quel che poteva fallire nel processo di globalizzazione come realizzato nel primo ventennio del secolo. Ovviamente tutto questo aveva un impatto terribile sui meccanismi di formazione dei prezzi, con gli aumenti generalizzati e le ricadute inflazionistiche sconosciute da trent’anni almeno. A questo si è aggiunta la guerra in Europa, con la conseguente crisi globale anche sotto il profilo dell’equilibrio geopolitico. In questo quadro di complessità si colloca, quindi, pure il fenomeno della carenza di risorse creditizie che è uno degli effetti di questa fase complessa e a cui, onestamente, le politiche attuate a livello internazionale hanno contribuito in modo non irrilevante e forse non motivato. L’inflazione di questa congiuntura, infatti, è evidentemente dovuta alla fiammata dell’energia e delle materie prime: combatterla con l’incremento dei tassi di interesse è una cura che, oltre a non risolvere il male, produce effetti collaterali rilevanti.

Mauro Frangi (MF) – Tutto vero. Ma non dobbiamo scordarci di alcune dinamiche più di lungo periodo dentro le quali i fattori indicati da Simone si sono innestati. Il sistema Italia è arrivato alla pandemia dopo che in 10 anni il credito bancario alle imprese si è ridotto di oltre un quarto del suo ammontare: da luglio 2010 a febbraio 2020 il totale del credito bancario in essere nei confronti delle imprese italiane è sceso da 856 a “soli” 635 miliardi di euro. E’ il 26% in meno. E le imprese cooperative sanno molto bene dove questa contrazione ha colpito.Ad essere penalizzate sono state le imprese giudicate dal sistema più vulnerabili e rischiose soprattutto per i bassi livelli di patrimonializzazione e, quindi, di rating; le imprese a più bassa redditività e quelle che operano solo sul mercato interno; le imprese di minori dimensioni. Poi abbiamo vissuto per oltre due anni dentro una sorta di “bolla”: lo Stato ha aperto l’ombrello della garanzia pubblica gratuita e sostanzialmente illimitata per aiutare le imprese a “comprare tempo” e uscire dalla fase di crisi indotta dalla pandemia. E’ stata una misura indispensabile, ma se la guardiamo nei numeri e nel dettaglio qualcosa non ha funzionato come doveva. In meno di due anni, dal marzo 2020 al dicembre 2021, il solo Fondo Centrale di Garanzia (FCG) ha garantito finanziamenti bancari per 220 miliardi di euro. Per capire cosa è successo basti pensare che il totale dei finanziamenti garantiti dal FCG nei 20 anni precedenti si è fermato a soli 195 miliardi di euro. Purtroppo, a questo enorme impegno pubblico non ha fatto seguito una parallela espansione del credito bancario alle PMI che a fine 2021 superava di meno di 30 miliardi i valori di inizio pandemia. Gli elementi illustrati da Simone e gli shock esogeni del 2022 si sono innestati su un contesto in cui la contrazione del credito è stata prima ampia e di lunga durata e poi non è stata invertita nemmeno dall’impegno diretto dello Stato, nonostante sia stato in campo per valori inediti.

  1. Che conseguenze può portare al sistema delle PMI e delle cooperative in particolare?

SG – Le conseguenze le osserviamo già da diversi mesi, le abbiamo viste arrivare e poi aumentare il loro impatto. Dalla fine dell’emergenza sanitaria ogni quadrimestre le nostre associate ci hanno segnalato un costante peggioramento nelle loro modalità di accesso al credito bancario. Inizialmente era ovviamente un effetto del rientro delle misure emergenziali provvidenzialmente attuate durante la pandemia; ma poi i tassi in costante risalita, l’aumento delle garanzie richieste, l’allungamento dei tempi, sono diventati normalità e hanno contribuito a surriscaldare le difficoltà di questa lunga fase. 

MF – Purtroppo il tema di fondo è quello di essere chiamati ad affrontare la scarsità di credito bancario – che dobbiamo imparare a considerare un dato strutturale – in un contesto di maggiori difficolta, in cui il credito bancario oltre ad essere scarso è maledettamente più caro. Il regolatore europeo vuole vedere che la dipendenza delle PMI dal credito bancario si riduca. Lo ritiene un fattore di modernizzazione del sistema delle imprese. Affrontare questo processo, difficile per tutte le PMI e oltremodo impegnativo per imprese come sono le cooperative, in un mondo “a tassi zero” come abbiamo avuto dal 2016 a tutto il primo semestre 2022 era altra cosa rispetto a doverlo fare “con la pistola alla tempia” e ai tassi di oggi.

  1. Quali altri impatti può avere l’aumento dei tassi di interesse sul sistema della cooperazione?

SG – Gli impatti sono quelli condivisi con il sistema produttivo in generale, del quale la cooperazione condivide le caratteristiche essenziali; è un sistema di imprese piccole e micro, in una fase di forte transizione e, al di là delle difficoltà, il primo rischio è quello che non tutti riescano a partecipare e contribuire alla necessaria spinta di cui questo Paese necessita e che il PNRR può certamente favorire. Per questo, in termini generali, ci collochiamo tra quelli che mettono in discussione il principio dell’aumento costante dei tassi di interesse come arma per combattere l’inflazione, vedendovi i rischi depressivi che abbiamo denunciato per un decennio nei confronti delle politiche di austerità; oltre tutto, ne denunciamo pure le modalità realizzative, con periodici annunci che anziché neutralizzarne gli effetti li aggravano. Per questo, riteniamo essenziale il sostegno che le politiche associative e gli strumenti di sistema delle organizzazioni cooperative possono dare alle nostre imprese anche in termini di facilitazione con il sistema creditizio. Va anche osservato che la ristrutturazione del debito in fase Covid se da un lato ha garantito un allungamento del debito sul medio lungo e garantito anche una fase di forte liquidità delle imprese, dall’altro ha portato ad una riduzione degli affidamenti a breve. Nel 2023, anche a causa degli extracosti energetici e inflattivi, la liquidità delle imprese è diminuita e in una fase restrittiva del credito e di tassi alti rischiamo evidenti tensioni finanziarie.

MF – E’ indubbio: le cooperative condividono da questo punto di vista le problematiche di tutte le PMI. Purtroppo, con qualche problema in più. Soprattutto per le cooperative PMI il peso dell’indebitamento bancario sul totale dei debiti finanziari è decisamente più alto rispetto alla media del sistema. E resta, nonostante i riequilibri indotti dall’intervento del FCG in epoca Covid, più sbilanciato verso il breve termine. Insomma le PMI cooperative vanno in banca “di più e peggio” rispetto al sistema delle PMI nel suo complesso. E’ la conseguenza della minore capitalizzazione d’ impresa ma anche del quadro normativo dentro cui le cooperative sono chiamate ad operare. Per questo è indispensabile un rilancio della sinergia tra gli Intermediari finanziari cooperativi come Simone accennava.

  1. L’8 maggio ha preso il via una nuova sottosezione del Fondo di Garanzia che prevede l’incremento della garanzia diretta e della riassicurazione/controgaranzia per Cooperfidi Italia grazie all’avvio della Sezione Speciale CDP Cassa Depositi e Prestiti – Sottosezione Confidi nell’ambito del Fondo di Garanzia gestito da Mediocredito Centrale. Che benefici potranno averne le cooperative?

SG – L’attivazione della “Sottosezione CDP-Cooperfidi Italia” permette di facilitare l’accesso al credito anche dei soggetti più deboli, grazie all’incremento della riassicurazione presso Mediocredito Centrale. Inoltre, riconosce all’istituto di credito erogatore l’ulteriore beneficio dell’azzeramento dell’assorbimento di capitale per la quota garantita dal consorzio. Attraverso la sottosezione sarà dunque possibile sviluppare prodotti dedicati al sistema bancario, consentendo agli istituti di credito di accrescere il volume di erogazione con un minor assorbimento di capitale grazie al rilascio della garanzia di Cooperfidi. Uno strumento di leva importante a disposizione delle cooperative, in questa fase delicata.

MF – E’ un esempio virtuoso di quella sinergia indispensabile con cui chiudevo la precedente risposta. Le risorse messe in campo dai tre Fondi Mutualistici uniti alla presenza di un soggetto come Cooperfidi Italia – confidi vigilato dalla Banca d’Italia in ragione dell’art. 106 del Testo Unico Bancario – accreditato presso Cassa Depositi e Prestiti ha potuto generare uno strumento che ha le caratteristiche e prevede il raggiungimento di quei traguardi che Simone ha ricordato. Dobbiamo però essere consapevoli che non sarà un unico strumento o prodotto a garantirci che le cooperative potranno superare con successo questa fase. Abbiamo bisogno che gli strumenti di cui disponiamo come movimento cooperativo integrino sempre più strumenti di facilitazione nell’accesso al credito bancario e, nel contempo, di supporto alla patrimonializzazione. La sfida decisiva per gli strumenti finanziari cooperativi – Cooperfidi Italia, Fondi Mutualistici, CFI, finanziarie e banche cooperative – è di riuscire ad accompagnare le imprese in questa doppia sfida. Da un lato è necessario incrementare la patrimonializzazione e la finanza non bancaria delle imprese, dall’altro, è necessario accompagnare le aziende a fronteggiare con successo l’impatto delle nuove e più selettive modalità di erogazione del credito bancario, a cominciare dal saper affrontare l’impatto dei criteri ESG che sempre più influenzeranno la valutazione del merito creditizio.

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