Covid e disuguaglianze nel mondo del lavoro, le audizioni dei presidenti dell’Inps Tridico e del Cnel Treu a Montecitorio. Tridico: ha perso di più chi aveva reddito più basso; Treu: disuguaglianze multidimensionali e più connesse tra loro

Le disuguaglianze sociali già presenti nel nostro Paese sono state aggravate dalla pandemia Covid-19, nonostante gli ammortizzatori sociali messi in campo dal governo abbiano mitigato l’impoverimento complessivo. Lo hanno sottolineato oggi in commissione Lavoro della Camera il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, e il presidente del Cnel, Tiziano Treu, durante un’audizione sull‘indagine conoscitiva sulle disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro, sui cui il gruppo di lavoro ha già ascoltati i rappresentanti del mondo della ricerca, dell’associazionismo, della cooperazione, oltre che dei sindacati, di Istat e Inail.

Ad essere stati colpito dalla pandemia, ha spiegato il presidente dell’Inps Tridico, sono stati soprattutto i lavoratori più instabili, e cioè collaboratori, lavoratori dello spettacolo e operai agricoli, che però dai mesi di marzo e aprile 2021 hanno vissuto una fase di forte ripresa. In particolare, il 49% dei rapporti di lavoro sono stati costretti a fermarsi, il 57% delle imprese e il 48,5% dei lavoratori complessivi. Fra questi, ha spiegato Tridico, più del 50% sono donne, per le quali c’è stata anche una riduzione salariale più marcata (50% rispetto al 35% degli uomini) ma anche part time, lavoratori temporanei e giovani. “Ha perso di più chi aveva redditi più bassi“, ha poi sintetizzato il presidente.

Un dato rilevante, secondo il presidente dell’Inps, riguarda la riduzione della speranza di vita dei lavoratori che si è verificata nel 2020, in media pari a circa il 4-5% sull’intero territorio nazionale: “Dalle nostre analisi – ha chiarito – riscontriamo che i lavoratori più ricchi vivono in media circa 2 anni in più di quelli più poveri (+3,3% gli uomini e +1,7% le donne)”. Si tratta, secondo Tridico, di un dato che impatta direttamente la sostenibilità pensionistica, e da cui dovrebbero conseguire delle precise politiche sociali: “Sarebbe più equo considerare un accesso alla pensione più vantaggioso, o quantomeno anticipata” per donne e uomini più poveri, ha proposto.

Sul capitolo degli ammortizzatori sociali, il titolare dell’Inps ha fatto sapere che nel 2020 la spesa per misure di sostegno, vecchie e nuove, messe in campo dal governo è stata di 44,5 miliardi di euro e ha servito oltre 15 milioni di lavoratori. La cassa integrazione è stato lo strumento più esteso, per un totale di oltre 6 miliardi di ore autorizzate, per una spesa di circa 14 miliardi di euro: ad utilizzarla sono state circa 781mila aziende, il 54% del totale, e fra i lavoratori soprattutto quelli più instabili e con reddito più basso. Gli ammortizzatori hanno funzionato secondo Tridico, e in particolare la cig e il reddito di cittadinanza, perché hanno contribuito a dimezzare la perdita generale di reddito, così come la disuguaglianza che si è attestata al 55% ma sarebbe potuta arrivare al 93% senza cassa Covid, secondo il calcolo effettuato con uno specifico coefficiente. Ammontano invece a 8,8 milioni i pagamenti effettuati per i lavoratori autonomi del bonus da 600 euro, poi incrementato a 1000. Infine, la Naspi: i lavoratori che l’hanno percepita, ha chiarito Tridico, sono quelli “a cui si dovrebbero fornire più supporto e politiche attive perché sono i più vicini al mercato del lavoro”.

Non solo le disuguaglianze sono state accentuate dalla pandemia, secondo il presidente del Cnel Tiziano Treu, ma sono diventate multidimensionali e sempre più legate tra loro: “Un punto politico fondamentale che non va sottovalutato” ha spiegato, e che rappresenta “il vero problema trasversale del paese“. Proprio questo aspetto renderà necessaria una nuova lettura dei dati, ha aggiunto, soprattutto nell’ottica dell’implementazione del PNRR. “Abbiamo bisogno di dati sistematici e di mettere insieme le diverse fonti – e cioè Inps, Agenzia delle entrate, Invalsi e ministero del Lavoro – per documentare in modo analitico i vari aspetti e i rapporti reciproci”. Un lavoro che, ha chiarito Treu, è già iniziato presso il Cnel che, insieme ai suoi omologhi europei, sta conducendo un monitoraggio degli impatti attesi del PNRR sul mondo del lavoro. Un primo elemento è quello relativo alle ricadute occupazionali: dalla ricerca emerge che nei prossimi anni ci sarà una quantità consistente di lavori di nuovi occupati, oltre 1 milione, “e in più una notevole quantità di posti che andranno rimpiazzati”. Il “tiraggio” sarà particolarmente accentuato, ha aggiunto Treu, nei settori “green” e nei cosiddetti “white jobs” e cioè quelli legati al sociale, fra cui formazione, cultura e turismo. “Sono opportunità che vanno sfruttate portando avanti come si deve i contenuti e gli obiettivi del piano” ha aggiunto. Allo stesso tempo, emerge un problema di qualità: troppa precarietà e troppa frammentazione, e un gap ancora troppo accentuato tra uomini e donne.

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