Covid: Ipsos-Legacoop, italiani più preoccupati delle conseguenze economiche -in particolare per turismo, ristorazione e cultura- che del virus; molti stanno ripensando alle priorità della propria vita ed hanno tratto “insegnamenti” dal vissuto di questi mesi

Roma, 12 dicembre 2020 – Gli italiani sono più preoccupati delle conseguenze della pandemia sulle attività economiche -in particolare di turismo, ristorazione, cultura e commercio- che del virus in sé, stanno ripensando alle priorità della loro vita ed evidenziano ricadute esistenziali legate all’esperienza di questi mesi.  

È quanto emerge da un sondaggio condotto nell’ambito dell’Osservatorio Legacoop, ideato e realizzato dall’Area Studi dell’associazione insieme con il partner di ricerca IPSOS per osservare l’evolvere degli andamenti e delle percezioni dell’opinione pubblica italiana su alcuni fenomeni economici e sociali di interesse per la cooperazione, e per sondare il gradimento delle misure e dei provvedimenti in fase di ideazione, realizzazione e proposta.

Il 57% degli intervistati esprime paura per la recessione indotta dalla pandemia, in misura differente in relazione ad appartenenza sociale, collocazione geografica e genere. Si registrano punte del 65% nel ceto popolare, del 63% nelle isole e del 61% nel Nord Ovest e Nord Est, del 62% tra gli uomini. Per il 43% la preoccupazione maggiore è invece quella per il virus, con punte del 51% al Sud e del 48% tra le donne. Chi è preoccupato per le conseguenze economiche della pandemia indica, come settore più colpito dalla crisi, il turismo (47%), seguito da bar e ristorazione (43%), cultura, cinema e teatri (35%), commercio (32%), artigianato (20%). A maggiore distanza i trasporti (9%), l’editoria e i giornali (3%) e i parrucchieri ed estetisti (3%).

Sul piano più strettamente personale, il 52% degli intervistati dichiara che con l’emergenza Covid-19 sta ripensando alle priorità della propria vita (con punte del 58% nel ceto medio basso e tra le donne e del 57% al Sud), al contrario di un 40% che non prevede di apportare cambiamenti al proprio modo di vivere (con punte dal 46% per gli over 50, e del 45% per gli uomini e gli abitanti delle isole).

Un’evidenza che si accompagna alle ricadute esistenziali, ovvero a quanto gli intervistati dichiarano di aver imparato dall’emergenza sanitaria di questi mesi. Un quadro sintetizzabile in cinque macro-indicazioni: la vulnerabilità, che riscontra le percentuali più elevate tra gli over 50 (56%) e al Sud (54%); la necessità di un paese unito (44% al Centro, 41% al Sud); una più forte solidarietà, sentimento diffuso soprattutto tra gli under 30 (41%); l’incapacità di accettare sacrifici (34% nella fascia di età 31-50, al Nord Est e al Centro); minore attenzione al superfluo (34% nel ceto popolare, 33% al centro).

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