Economia: il 2020 chiuderà con un calo del PIL del 9,0%; nel 2021 un recupero del 5,0%, pur con un aumento del debito pubblico; rischio di un utilizzo incompleto (70%) e frammentato delle risorse del Next Generation EU Le previsioni del Rapporto annuale Prometeia-Area Studi Legacoop 2020

Roma, 25 novembre 2020 – Dopo un rimbalzo del PIL del 16% nel terzo trimestre 2020 rispetto al secondo, con i riflessi negativi sul quarto trimestre (-3,4% rispetto al terzo) determinati dalla ripresa dei contagi e dalle correlate misure di contenimento (per ora meno restrittive rispetto alla primavera scorsa), l’economia italiana chiuderà l’anno in corso con un calo del PIL del 9%; nel 2021, pur a fronte di un inverno difficile (con un PIL del secondo trimestre in calo del 6% rispetto al livello del quarto trimestre 2019 e 2milioni e 100mila ore lavorate in meno per Unità Lavorative Annue) si registrerà l’avvio della ripresa, con una crescita del 5,0% (mentre sarà dell’1,9% dal 2022 al 2025), ipotecata però da un debito pubblico che, attestatosi al 158,8% del PIL nel 2020, rimarrà su livelli elevati sia nel 2021 (157%) sia negli anni successivi fino al 2025 (154,5%).

Sono queste le principali previsioni sull’andamento dell’economia italiana contenute nel rapporto “Lo stato dell’economia italiana: scenari e posizionamento delle imprese cooperative”, elaborato da Prometeia e Area Studi Legacoop.

“Le analisi di scenario contenute nel Rapporto sullo stato dell’economia italiana e della cooperazione Prometeia-AreaStudi Legacoop 2020, fotografano con precisione la drammaticità della situazione in cui tutti siamo” – afferma Mauro Lusetti, Presidente di Legacoop nazionale – “Osserviamo un crollo economico mai visto e un impatto sociale ancora difficile da interpretare che acuiscono fratture e diseguaglianze ben note. È necessario, tuttavia, individuare i punti fermi su cui impegnarsi a ricostruire e rilanciare il Paese: abbiamo settori meno colpiti e altri, come osservato nei mesi recenti, pronti a ripartire e a sostenere con forza il rimbalzo. Occorre che Europa e Istituzioni sostengano e spingano al momento giusto queste energie: il movimento cooperativo, come anche i dati del Rapporto dimostrano, con le sue forze e debolezze, sarà comunque in prima fila per attutire l’impatto della crisi sulle comunità e rilanciare l’economia italiana”.

Una crisi segnata dalla disomogeneità e dall’incertezza

Riguardo alle caratteristiche essenziali della crisi che ha colpito il nostro Paese, lo studio evidenzia il tratto essenziale della disomogeneità, ad esempio nei riflessi sull’occupazione. Un dato che si registra sia nelle tipologie contrattuali (i più colpiti sono i rapporti di lavoro a tempo determinato), sia nelle mansioni (gli operai il doppio rispetto a quadri e dirigenti), sia nelle classi di età (i giovani in caduta, gli ultracinquantenni in crescita), sia nel genere (le donne il 50% in più degli uomini), sia nei settori (alloggio e ristorazione colpiti 3 volte più dell’industria).

L’incertezza, acuita dalle criticità degli andamenti epidemiologici della pandemia che domina lo scenario, si riflette in modo evidente sulla propensione al risparmio e sui prestiti. La propensione al risparmio delle famiglie passa dal poco meno dell’8% di fine 2019 al 14,5% del secondo trimestre 2020, mentre i prestiti crescono meno rispetto alla media dei paesi dell’Unione Monetaria Europea: 2,0% per le famiglie (a fronte del 3,1%) e del 6,8% per le imprese (a fronte del 7,1%).

La risposta delle politiche economiche europee e nazionali

A fronte di questa situazione, lo studio realizzato da Area Studi Legacoop e Prometeia ricorda la consistenza della risposta in termini di politiche economiche adottate dall’UE e dal Governo italiano. Quelle dell’UE sono articolate su tre capitoli essenziali: l’estensione del QE e l’introduzione del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme), insieme con condizioni TLTRO III (Targeted Longer Term Refinancing Operations) più convenienti e nuove PELTRO (Pandemic Emergency Longer Term Refinancing Operations)  e revisioni regolamentari (280 mld complessivi per il nostro Paese); gli stimoli fiscali per aumentare la spesa sanitaria, sostenere le famiglie, l’occupazione e le imprese (per complessivi 268,4 miliardi, dei quali circa 205 ascrivibili al NGEU, 36 al MES e 27,4 a sospensione patto di stabilità e SURE); il supporto speciale alla liquidità delle imprese (750 mld tra garanzie BEI e garanzie stati nazionali).

Il Governo italiano nel 2020 ha varato provvedimenti sostenuti da risorse pari ad un indebitamento netto per 100 miliardi (Decreti Cura Italia, Rilancio, Liquidità, Agosto, almeno 3 decreti ristori), mentre per il 2021 gli interventi al momento previsti ammontano a 51 miliardi (12 di stanziamenti per decreti già adottati, 24 di manovra e 15 di fondi Next Generation EU), con effetti attesi dimezzati rispetto al 2020, al netto di ulteriori stanziamenti, per un ammontare complessivo ipotizzabile in 20 miliardi, che potrebbero essere decisi nei prossimi giorni.

Una quantità di risorse rilevante, ma che sconta, sul lato di quelle europee, il rischio di un utilizzo non completo. Nell’arco temporale 2021-2026, ad esempio, è previsto che il nostro Paese riuscirà a spendere 145 dei 205 miliardi messi a disposizione dal Next Generation EU. Un elemento, questo, che insieme ad altri inciderà sull’entità della ripresa, che si manifesterà con un recupero di attività incompleto. Se, infatti, la previsione pre-Covid, fatto 100 il livello del PIL reale italiano del 2007, accreditava un PIL 2023 a quota 102,2, adesso la previsione aggiornata al novembre 2020 lo fissa a 2,2 punti percentuali in meno, e quindi allo stesso livello del 2007. Dopo un quarto di secolo di quasi stagnazione, con un 32% di minore crescita rispetto alla media di Germania, Francia e Spagna, la ripresa prevista potrà riportare davvero in crescita l’economia italiana solo se riuscirà a rilanciare la produttività.

L’impatto della crisi sui diversi settori di attività e le prospettive; il crollo del turismo, le dinamiche positive di agroalimentare, edilizia, sociale e sanità

Lo studio ha preso in esame gli impatti della crisi in relazione ai diversi settori dell’attività imprenditoriale, mettendoli a confronto con la crisi del 2009. Ne emerge come nel 2020 manifattura e costruzioni stiano sperimentando un calo di attività paragonabile a quello della grande recessione, mentre l’impatto più pesante si registra nelle attività legate al turismo e alla convivialità. Tiene, invece, la filiera agroalimentare. L’analisi delle variazioni annue del fatturato deflazionato, evidenzia infatti, nel 2020, un crollo del 36,8% nel turismo (con punte del -44,9% per agenzie e tour operator e del 40,8% per l’alloggio), che non sarà possibile recuperare per intero, visto che le previsioni accreditano un +20,7% nel 2021 ed un +5,5% nel 2022. Fatto 100 il livello di fatturato deflazionato 2019, nel 2022 l’intero comparto del turismo si collocherà ad un livello medio dell’80,5%; andrà peggio per agenzie e tour operator (65,2) e per l’alloggio (73,6); meglio per la ristorazione (84,7) e per il trasporto passeggeri (90,6).

In generale, il rilancio degli investimenti, legato anche alle risorse del NGEU, la ripartenza dei consumi e il recupero della domanda mondiale (che sarà completo solo nel 2022) favoriranno la ripresa dei livelli di attività delle imprese italiane. Ma solo pochi settori riusciranno a recuperare entro il 2022 quanto perso nella crisi ancora in corso. Fatto 100 il livello 2019 del fatturato deflazionato, si tratta dell’Agroalimentare (103,0), delle costruzioni (102,9), dell’edilizia (103,4), dell’ingegneria civile (101,3), del settore sociale (101,6) e della sanità (106,3).

Gli impatti sulle imprese cooperative di Legacoop e le prospettive per il prossimo biennio

La crisi innescata dal Covid 19 ha evidenziato un forte profilo di asimmetria. Gli impatti economici, in termini di contrazione del valore della produzione, sono infatti differenziati sia in termini di filiere, impattando più su alcuni settori (es. intrattenimento, turismo, manifattura, logistica) rispetto ad altri (es, agroalimentare, utility, finanza) e con diversi gradi all’interno della stessa filiera anche per effetto dei mutamenti (in alcuni casi potenzialmente di lungo termine) nelle modalità di consumo; sia in termini dimensionali, impattando sia imprese di medio-grande dimensione sia imprese medio-piccole, annullando il discrimine costituito da quella soglia minima dimensionale che “ante crisi” costituiva un presupposto per conseguire un più solido sviluppo economico abbinato ad una equilibrata struttura finanziaria.

Nel prossimo biennio (2021-2022), le previsioni accreditano alle imprese cooperative aderenti a Legacoop una significativa ripresa che su alcune filiere risulta superiore al settore di riferimento, permettendo di raggiungere i livelli ante-crisi. Sempre fatto 100 il valore della produzione 2019, le filiere nelle quali la dinamica delle cooperative è prevista migliore rispetto a quella media del settore risultano: agroalimentare (110 contro 108), altra manifattura (101 contro 94), altro consumo (101 contro 94), altri beni intermedi (104 contro 93), edilizia (108 contro 104), assistenza sociale (106 contro 103), logistica (106 contro 101), turismo (90 contro 73), utility (110 contro 91) e commercio (110 contro 103).

 

 

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