Il momento delle industrie creative: tra Coesione e Recovery

Quello che si sta decidendo in queste settimane è un passaggio decisivo per i prossimi anni del sistema produttivo italiano. Ed è quindi anche l’occasione per riprendere un dossier che nel nostro Paese è rimasto sempre a mezz’aria: quello delle industrie creative.

Il tema è oramai chiaro. E, nella sua chiarezza, per molti versi disarmante. C’è un mondo – che va dal design al cinema, dal teatro alle tecnologie applicate ai beni culturali, dall’architettura alla moda – che in Italia conta. E molto. In termini di numero di persone occupate: circa un milione e mezzo. In termini di fatturato prodotto, con le stime che dicono che ‘vale’ circa il 6% del nostro PIL. In termini di brand Italia, di proiezione italiana nel mondo, di soft power.

Di fronte a questi numeri e a questi valori manca quello che in molti Paese già oggi c’è e che da noi si discute dal 2007, che fu l’anno di pubblicazione del Libro bianco della Creatività. E, cioè, il disegno di una vera politica per le imprese creative: con Fondi dedicati, istituzioni specializzate, con il riconoscimento pieno del loro valore nell’economia e nella società.

Poche volte c’è stato un momento così favorevole a un’azione sul punto a livello nazionale. Per diverse ragioni.

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