Il vino cooperativo romagnolo al Vinitaly, export e innovazione in evidenza

Mondo del vino cooperativo che consolida la sua vocazione all’export e all’innovazione, nonostante l’aumento dei tassi di interesse, che frena gli investimenti, e le tensioni internazionali in atto, dalla guerra in Ucraina alla crisi in Medioriente.

È quanto è emerso da questa edizione del Vinitaly, a cui il mondo enologico romagnolo di Legacoop ha partecipato con un importante dispiegamento di mezzi: la punta di diamante Terre Cevico, in rappresentanza soprattutto della Romagna, presidiava i padiglioni con una doppia presenza, nella sua nuova veste di cooperativa di primo grado e con le controllate proiettate sui mercati internazionali. 

In generale, l’impatto della manifestazione veronese è stato rimarchevole. La 56esima edizione ha chiuso con 97mila visitatori, un terzo delle quali dall’estero. Gli operatori di USA, Germania, Gran Bretagna, Cina e Canada hanno fatto la parte del leone. 

Cevico opera già su una settantina di paesi. L’obiettivo è di espandere la rete a un centinaio di Paesi entro il 2025 su tutti e cinque i Continenti. 

Tra le innovazioni spiccano i vini a ridotto tenore di alcol e dealcolati: «È una fetta di mercato importante che osserviamo con grande attenzione, anche se è fondamentale arrivare a una chiara normativa sul piano produttivo che permetta ai produttori italiani di concorrere alla pari con gli altri paesi europei», ha messo in evidenza il presidente di Terre Cevico, Franco Donati

Di fronte a un mercato delle bollicine in continua espansione, la risposta cooperativa prevede il potenziamento delle linee di prodotto, ma anche un importante progetto di valorizzazione del trebbiano, uno dei vitigni simbolo della Romagna, che sarà presentato tra poche settimane in Riviera, prima della stagione estiva. 

 «I mercati interni rimangono fondamentali, ma negli ultimi anni la quota di prodotto venduta all’estero ha raggiunto quote sempre più importanti dei fatturati – dice il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi –, grazie a investimenti che solo lo strumento cooperativo ha potuto consentire in forma aggregata. Anche di fronte ai cambiamenti climatici che hanno già colpito tutto il settore agroalimentare si conferma l’importanza della sostenibilità, di cui la filiera cooperativa del vino è stata pioniera, a partire dalla difesa del reddito dei soci agricoltori. Inoltre, è evidente il legame tra cultura del vino e turismo e, per quel che ci riguarda, i segnali di novità più forti stanno arrivando dall’offerta sempre più qualificata degli stabilimenti balneari romagnoli, capaci di puntare su prodotti di qualità e con una forte connotazione territoriale». 

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