Le imprese sociali di comunità possono rappresentare una delle frontiere più avanzate dell’impresa sociale, anche nell’ottica degli impegni che il Paese si è assunto nella fase post pandemica, per rigenerare le aree interne e urbane degradate mettendo insieme sostenibilità economica e sociale. Un’approvazione rapida del disegno di legge contribuirebbe ad avere un ulteriore soggetto che si potrebbe dimostrare particolarmente significativo per la ripresa. Lo ha detto oggi in commissione Affari costituzionali la presidente di Legacoop sociali, Eleonora Vanni, con riferimento al disegno di legge di Emiliano Fenu (M5S, S. 1650) in materia di imprese sociali di comunità, concludendo il ciclo di audizioni sul testo, durante il quale il gruppo di lavoro aveva già ascoltato i rappresentanti di Alleanza delle cooperative (vedi ES 17/6/2021).
Il parere sull’impianto generale del provvedimento è dunque positivo: le aree interne sono spesso abbandonate per mancanza di servizi e di opportunità economiche, ha spiegato Vanni, quindi sono difficili da abitare sia per le persone anziane che per i giovani. In questo senso l’idea di impresa di comunità rimanda ad iniziative multiattoriali, che coinvolgono cioè persone provenienti da più settori (istituzionali, imprenditoriali, associazionistici), che si uniscono con la finalità ultima di continuare a far vivere la comunità di un certo territorio. Per incrementare l’efficacia di queste esperienze, ha poi aggiunto Vanni, andrebbero però valutati due aspetti: la necessità di favorire la nascita e il consolidamento di queste realtà, che spesso si dimostrano non durature o poco sostenibili per l’assenza di soggetti con adeguate capacità trasversali, economiche e imprenditoriali; l’importanza di legare questa attività con il tema delle infrastrutture nell’ottica di uno sviluppo tecnologico.
In conclusione, Vanni ha risposto a una domanda di Ugo Grassi (Lega) in merito ai possibili fenomeni distorsivi di questo tipo di impresa, con particolare riferimento al Sud Italia: “Ci sono alcuni elementi che da tempo sono stati sollecitati per il completamento di alcuni aspetti della riforma” e in particolare il tema del controllo da parte del Mise, a cui attualmente sono soggette solo le cooperative sociali ma che “andrebbe definito in modo più preciso per le imprese sociali tutte”.