La manifattura intelligente necessita di competenze che in larga parte mancano nel mercato del lavoro italiano. Per questo motivo è urgente lanciare un New Deal nel campo della formazione che consenta di ridare centralità all’istruzione tecnico scientifica con programmi che promuovano da un lato una formazione continua dei lavoratori all’interno delle imprese, dall’altro investimenti sulle competenze digitali per la rinascita del Mezzogiorno italiano.

Sono questi alcuni dei risultati a cui è giunto lo studio “Capacità e competenze per l’Intelligent Manufacturing”, realizzato da The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Philip Morris Italia, che rileva come il sistema manifatturiero italiano abbia l’opportunità di giocare un ruolo di primo piano grazie al suo posizionamento internazionale. L’Italia è infatti il quinto Paese al mondo per surplus manifatturiero e può vantare ben tre tra le prime cinque province europee superspecializzate nella manifattura.

“Questo studio rappresenta un importante punto di partenza per elaborare l’offerta formativa del nostro Institute for Manufacturing Competences, focalizzato su tre aree fondamentali per l’industria 4.0: formazione, trasferimento tecnologico e open innovation e ricerca applicata – afferma Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia – Per me e per le oltre 30 mila persone della filiera italiana di Philip Morris, è un orgoglio contribuire a un progetto per lo sviluppo e l’individuazione delle competenze per la manifattura del futuro”.

Secondo i dati contenuti nello studio, il tema delle competenze, interne ed esterne, rappresenta la principale problematica per le imprese intervistate: il 20% ha dichiarato di avere difficoltà nel reperire figure professionali adeguate, il 13% lamenta carenza di competenze all’interno della forza lavoro impiegata. Si riscontrano maggiori criticità negli ambiti di data science (27%), competenze informatiche avanzate (18%), programmazione (16%) e project management (13%).

In riferimento ai canali tradizionali di formazione, le imprese esprimono una fortissima insoddisfazione per le competenze dei diplomati (88%) e dei laureati (54%), evidenziando un problema di disallineamento tra le competenze richieste e quelle offerte dal sistema scolastico e universitario.

Oltre al tema qualitativo, lo studio rivela carenze importanti anche sotto l’aspetto quantitativo: solo un giovane italiano su sei studia discipline Stem (science, technology, engineering and mathematics) e l’istruzione tecnica post-scuola secondaria necessita di un adeguamento rispetto ai leader in Europa; meno di un lavoratore su due partecipa a corsi di formazione e quasi la metà delle problematiche riscontrate dalle imprese riguarda le capacità del management di gestire i cambiamenti abilitabili dalla tecnologia.

“L’Italia è una potenza manifatturiera a livello globale e il surplus di 111 miliardi di euro generato dalle nostre industrie è un fattore cardine del nostro sistema economico – spiega Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House – Ambrosetti – La ricerca mette chiaramente in luce le fragilità del sistema della formazione a sostegno delle opportunità offerte dall’Intelligent manufacturing e suggerisce chiare ed incisive proposte d’azione volte a fare dello sviluppo delle competenze un motore di sviluppo per il sistema-Paese”.

Nello studio sono anche presentate cinque proposte per massimizzare le opportunità offerte dall’Intelligent manufacturing: lanciare un New deal delle competenze 4.0, in quanto in Italia solo il 42% degli adulti possiede competenze digitali di base; ridare centralità all’istruzione tecnico scientifica, prevedendo un riconoscimento legale tra Its ed università per combattere la dispersione scolastica; cambiare marcia sulla formazione continua, disegnando nuovi assetti e nuove forme di incentivazione per i lavoratori del domani; porsi obiettivi quantitativi sulla formazione digitale e 4.0, creando sistemi di misurazione e monitoraggio della performance; investire sulle competenze digitali per la rinascita del Mezzogiorno, una delle aree meno preparate in Europa ad affrontare la rivoluzione della manifattura intelligente e la sfida della trasformazione digitale.

FONTE REPUBBLICA