C’è ancora molto da fare perché si giunga alla piena implementazione della figura dell’infermiere di famiglia su tutto il territorio nazionale, ma il Piano nazionale di ripresa e resilienza darà una spinta decisiva a questo processo. In questo contesto, il ministero della Salute e il ministero dell’Economia stanno valutando “la sostenibilità economico-finanziaria del relativo standard di personale, quantificato in un infermiere di comunità ogni 2.000/2.500 abitanti”. Lo ha chiarito il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, che durante il question time di ieri in commissione Sanità del Senato ha risposto all’interrogazione della vicepresidente Paola Boldrini (Pd). “La percentuale di infermieri di famiglia o di comunità effettivamente inseriti nei Servizi – ha sottolineato Sileri – è ancora di molto inferiore rispetto a quella prevista dalla normativa (circa 1.380 al 25 giugno 2021, rispetto ai 9.552 previsti dal legislatore), con una disomogenea distribuzione sul territorio nazionale”. Tuttavia, la missione 6 del PNRR ha previsto un forte investimento diretto a potenziare le strutture e i presìdi territoriali, a sviluppare l’assistenza domiciliare e la telemedicina, e a completare la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), attribuendo “un ruolo di primo piano all’infermiere di famiglia/comunità, sia negli ambiti delle Case della Comunità sia nello sviluppo del sistema dell’assistenza domiciliare“.
In realtà, già nel Patto per la Salute 2019-2021, siglato da governo e Regioni, sono state inserite le linee di indirizzo e parametri di riferimento per disciplinare in maniera uniforme nel territorio questa figura, con l’obiettivo principale – ha chiarito Sileri – di favorire l’integrazione della medicina generale “con tutte le figure professionali, compresa l’assistenza infermieristica di famiglia/comunità” e di valorizzare il ruolo degli infermieri di famiglia per coprire “l’incremento dei bisogni di continuità dell’assistenza, di aderenza terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità”. Il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, adottato il 6 agosto 2020 in Conferenza Stato-Regioni, ha fatto per la prima riferimento alla figura dell’infermiere di famiglia o di comunità, indicando queste figure “multiprofessionali” come necessarie per la realizzazione di processi appropriati di prevenzione e promozione della salute“. Ancora, il 10 settembre la Conferenza delle Regioni ha approvato le “Linee di indirizzo Infermiere di famiglia/comunità” con nuovi orientamenti organizzativi e formativi. Il 2 luglio, ha ricordato infine Sileri, il Gruppo di lavoro sull’Assistenza territoriale ha esposto alla Cabina di regia del Patto della Salute la bozza del documento sui “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale nel Sistema sanitario nazionale”.
Si è dichiarata parzialmente soddisfatta della risposta la senatrice Boldrini, secondo cui per realizzare la cornice dell’assistenza domiciliare delineata nel PNRR, bisognerà “adeguare in maniera celere il numero e la formazione degli infermieri preposti”.