Gamberini: “Paese vitale, ma nonostante tutto e contro tutti. Fiducia ingrediente italiano per lo sviluppo”
Roma, 8 ottobre 2024 – Dopo il picco registrato a ottobre 2022 al culmine della crisi energetica, quando la variazione percentuale tendenziale dell’IPCA fu del 12.5% (e del 10.6% nell’Area Euro), il tasso di inflazione in Italia prosegue il suo sentiero di discesa, collocandosi al di sotto della media dell’eurozona; ma se la relativa stabilità (quando non una flessione) dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali induce ad escluderne un rinfocolarsi, la crisi passata ha lasciato in eredità un livello dei prezzi persistentemente più alto. Rispetto a gennaio 2021, a agosto scorso si sono registrati incrementi che variano dai 14 punti percentuali per l’inflazione “core” ai 21 punti per i beni alimentari non lavorati; l’indice IPCA per i beni energetici ha addirittura segnato un incremento di oltre 51 punti percentuali. E se le imprese sono riuscite a difendere i propri margini trasferendo i maggiori costi sui beni finali, i salari hanno invece subito, in particolare in Italia, una forte erosione del potere d’acquisto non ancora recuperata, con una riduzione di quasi il 10% in termini reali rispetto al periodo pre-crisi. Una conseguenza diretta di una dinamica salariale finora poco sostenuta, con una crescita media dei salari orari (da gennaio 2021) dell’1.2% rispetto al 3.3% nel resto dell’eurozona. Un gap che si registra anche sul piano del reddito disponibile delle famiglie, che in termini reali fatica a recuperare i livelli pre-crisi, ponendo dubbi sulla futura dinamica dei consumi.
È questo lo scenario che emerge dal Monitor realizzato da Area Studi Legacoop in collaborazione con Prometeia, che analizza l’andamento dell’inflazione e del livello dei prezzi nel nostro Paese.
“In questi anni -commenta Simone Gamberini, presidente di Legacoop- il Paese ha mostrato vitalità, ma nonostante tutto e tutti. La pandemia ha notoriamente lasciato strascichi importanti, sul piano economico, sociale, internazionale. Alla luce dei dati odierni, è ancora più apprezzabile la tenuta sostanziale dell’Italia in questo contesto. Perché è evidente che la società italiana, nella sua larga maggioranza, è ancora stretta in una morsa tra permanere dell’inflazione e degli alti prezzi, e inconcepibile perdurare di un trend salariale più basso degli altri paesi europei in modo inaccettabile. Così, è ovvio che il ceto medio si percepisca ‘in declino’ e impotente di fronte a un ascensore sociale bloccato. E la fiducia nel futuro, in particolare dei segmenti della società più dinamici e innovativi, è il nostro primo e unico ingrediente per lo sviluppo”.
L’andamento dell’inflazione in Italia e nell’Area Euro
Per quanto riguarda l’andamento dell’inflazione negli ultimi anni, lo studio evidenzia come, dopo il picco di ottobre 2022, il tasso di inflazione sia progressivamente sceso in risposta agli aumenti dei tassi di interesse disposti dalla BCE e ad un calo dei prezzi dell’energia. L’analisi richiama anche la forte eterogeneità delle dinamiche inflazionistiche dei diversi beni che compongono il paniere di riferimento. Il motore principale dell’inflazione è stato il prezzo dei beni energetici: in Ottobre 2022, il prezzo dell’energia era aumentato del 72% in Italia e del 42% nell’Area Euro, rispetto ad Ottobre 2021. L’inflazione “core”, che esclude i prezzi dei beni energetici e di alcuni beni alimentari, ha iniziato a crescere successivamente e ha raggiunto il suo picco a inizio 2023 facendo registrare un aumento del 7% in Italia e del 7.4% nell’Area Euro. Nel periodo di picco dell’inflazione, la variazione percentuale del prezzo dei beni energetici rappresentava il 54% della variazione totale dei prezzi, mentre nell’ultimo periodo i prezzi dei beni energetici sono diminuiti e hanno portato un contributo negativo alla variazione totale dei prezzi. In coerenza con la diminuzione dell’inflazione, nell’ultimo periodo una percentuale sempre maggiore di beni sta subendo aumenti di prezzo relativamente contenuti. Mentre a gennaio 2023 circa l’80% dei beni ha subito aumenti di prezzo superiori al 3%, a agosto 2024 (ultimo dato disponibile) questa percentuale si è quasi invertita: solo il 30% dei beni ha subito aumenti di prezzo superiori al 3%.
Il livello dei prezzi e l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto delle famiglie
Come già ricordato, nonostante la crescita dei prezzi sia ormai contenuta, il loro livello è sostanzialmente più alto rispetto a Gennaio 2021, sia in Italia che nell’Area Euro. L’IPCA per i beni energetici ad Agosto 2024 è 51.7 punti più alto rispetto a Gennaio 2021, segnando un aumento di oltre il 50%. Più contenuti gli aumenti nell’indice per l’inflazione CORE e i beni alimentari non lavorati, rispettivamente di circa 14 e 21 punti ad agosto 2024, rispetto a gennaio 2021.
Elementi, come evidenzia il Monitor realizzato da Area Studi Legacoop e Prometeia, che si innestano nel quadro di shock inflazionistico che ha ridotto il potere di acquisto delle famiglie, in particolare quelle dei percettori di redditi da lavoro dipendente. Da inizio 2021, in Italia i salari orari sono infatti cresciuti in media dell’1.2%, rispetto al 3.3% dell’Area Euro, per effetto dei ritardi nei rinnovi contrattuali, dell’assenza di un salario minimo e di meccanismi di indicizzazione. In termini reali, i salari si sono ridotti quasi del 10% rispetto al periodo pre-crisi, pur registrando un recupero nel primo trimestre 2024 grazie a una crescita più sostenuta dei salari negoziati (3.6% a giugno). Il reddito disponibile reale, che tiene conto di tutte le voci di entrata e uscita nel budget familiare, ha avuto una flessione meno forte, grazie alla politica di bilancio, alla tenuta dell’occupazione e ai maggiori redditi da patrimonio e di impresa.
L’impatto del caro energia sulla spesa delle famiglie: una simulazione
Il governo è infatti intervenuto per mitigare l’effetto del caro energia sulla spesa delle famiglie, attraverso riduzioni di imposte e trasferimenti.
Le simulazioni di Prometeia, condotte ipotizzando l’invarianza delle quantità consumate, mostrano come, senza politiche di mitigazione, fra luglio 2021 e marzo 2023, l’incremento di spesa sarebbe stato dell’11.3% contro il 6.4% effettivamente realizzato. Il risparmio è stato particolarmente ampio per le famiglie nel primo decile di spesa equivalente, grazie a indennità e bonus sociali mirati alle fasce più povere della popolazione, per le quali la spesa in beni essenziali costituisce una parte più rilevante del budget familiare, e che avrebbero altrimenti sostenuto un aggravio del 14.5%.