Mentre si attendono con grande attesa i fondi del PNNR, considerati come un’occasione storica per il nostro paese, crescono anche i timori sulla reale capacità dell’Italia ad utilizzarli in maniera adeguata. perchè sulla spesa dei fondi europei di coesione, fino ad ora non si può certo dire che il nostro paese sia stato molto ligio.
Secondo il report annuale che viene fatto dalla Corte dei Conti europea, l’Italia occupava il penultimo posto della graduatoria in quanto ad assorbimento dei fondi diretti ed indiretti che arrivano dalla Commissione europea. Soldi spesso mal spesi o addirittura non utilizzati per mancanza di progetti adeguati o assenza totale degli stessi.
Ma se possibile nel 2020 non contenta è riuscita a fare ancora peggio occupando l’ultimo gradino del podio. Il dato emerge appunto dall’ultima relazione annuale della Corte dei conti europea sull’esecuzione del bilancio Ue. L’Italia – evidenziano i dati raccolti dai revisori – non ha speso 25 miliardi e 166 milioni di euro di fondi Ue che le spettavano per il periodo 2014-2020. Un piccolo tesoretto che è rimasto nei cassetti per ragioni burocratiche e per incapacità di portare avanti progetti che rispettassero i canoni della Unione Europea.
E dio sa solo quanto, soprattutto al sud, questi soldi potrebbero far comodo per colmare quel gap economico che lo divide dal resto del paese. Nel settennio di riferimento, che corrisponde all’ultimo bilancio pluriennale dell’Ue, l’Italia è riuscita a spendere la miseria del 44 per cento di quanto le spettava in fondi Sie, che mettono assieme tutte le risorse nell’ambito della politica di coesione, come il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e tanti altri canali di spesa. L’Italia cosi si trova ultima per le percentuali di assorbimento dei fondi europei alle spalle di Croazia e Spagna.
Il Paese più capace di spendere i fondi strutturali è come già lo scorso anno la Finlandia, con un tasso di assorbimento pari al 79 per cento, seguita da Irlanda e Lussemburgo. Percentuali che comunque evidenziano un problema generalizzato dato che anche i migliori della classe non sono riusciti a spendere oltre un quinto dei fondi. Questo è anche determinato forse dall’alto rischio di errori ed irregolarità legato all’utilizzo di questi fondi come evidenziato nella relazione.
La Corte ha riscontrato, infatti, che il livello complessivo delle irregolarità nelle spese dell’UE è rimasto stabile, al 2,7 % per il 2020 (stessa percentuale del 2019). Per il 2020, oltre la metà (59 %) della spesa controllata però è stata ritenuta ad alto rischio, un ulteriore aumento rispetto al 2019 (53 %) e agli esercizi precedenti. Le norme e i criteri di ammissibilità che disciplinano questo tipo di spese sono spesso complessi, aumentando la probabilità di errori. “La spesa ad alto rischio continua ad essere inficiata da errori rilevanti, per una percentuale stimata del 4,0 % (2019: 4,9 %).
Come per l’esercizio precedente, la Corte ha dunque concluso che il livello di errore in questo importante tipo di spesa è pervasivo ed ha espresso un giudizio negativo sulle spese dell’UE per il 2020”. In termini assoluti, il nostro paese è il secondo per il mancato utilizzo di fondi che le spettano, preceduta dalla sola Polonia che non ha speso 35,6 miliardi di euro che le erano stati assegnati.
Mettendo assieme tutto quello che non hanno speso i Paesi Ue su base settennale “restano da assorbire 209 miliardi di euro, pari al 45 per cento del totale di fondi Sie impegnati”, si legge nella relazione. “La Corte rileva tuttavia che il Quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2007-2013 era in genere soggetto alla regola n+2, mentre il Qfp 2014-2020 è soggetto alla regola n+3”, si legge nel documento. Ciò significa che i fondi per ora inutilizzati possono ancora essere spesi entro tre anni dalla fine del periodo di bilancio, cioè entro il 2023.
Si tratta dello stesso periodo in cui l’Italia dovrà dimostrarsi all’altezza di impiegare i 191,5 miliardi di euro del Recovery fund. Una sfida alla quale il Belpaese si presenta con performance assai preoccupanti. A esprimere preoccupazioni sulle gestione di questo maxi esborso di fondi Ue è stata la stessa Corte dei conti: “Nei prossimi sette anni, l’Ue spenderà molto di più rispetto al precedente periodo di programmazione – dice il presidente Klaus-Heiner Lehne – I 27 Stati membri hanno concordato un programma di ripresa che sarà finanziato mediante l’emissione di debito pubblico. Questa decisione segna un importante cambiamento nelle finanze dell’Ue.
Comporta un’ovvia necessità di controlli efficaci su come vengono spesi i fondi e sul raggiungimento dei risultati attesi”. Forse anche leggendo queste considerazioni aumenta la preoccupazione in chi al governo deve prepararsi ad utilizzare una mole di denaro mai vista.
C’è solo da sperare che questa volta il governo Draghi corregga le storture del passato, per non rischiare di sprecare forse l’ultima occasione di rilancio del paese.