Sopravvissuti al Covid, oramai assuefatti ai bollettini di guerra, soprattutto quotidianamente alle prese con il carovita, gli italiani si affacciano sul nuovo anno con una inattesa forte tempra emotiva. Uno stato d’animo fatto certamente di timore (33%) e inquietudine (22%), ma soprattutto di fiducia (39%) e aspettativa (38%) per il nuovo anno. A conti fatti, nonostante un 2022 vissuto pericolosamente, gli italiani manifestano una imperturbabile accettazione della realtà (28%) e una sorprendente serenità interiore (34%). È l’istantanea degli italiani scattata dalle due survey dell’Ufficio Studi Coop condotte a dicembre 2022; la prima su un campione rappresentativo della popolazione italiana e la seconda sulla community di esperti del portale italiani.coop.
Così, in questa inattesa propensione zen, il 26% del primo campione malgrado tutto continua ad associare all’anno appena iniziato la parola “speranza” e rispetto ad appena quattro mesi fa (la precedente survey è di agosto 2022) non può non stupire come la “fiducia” sia salita di 12 punti percentuali e di converso scendano sentimenti più cupi come l’”irritazione” o la “rabbia” (rispettivamente calati di 12 e 6 punti percentuali).
A giocare un ruolo decisivo gli affetti e la vita familiare (tra i buoni propositi per il nuovo anno il 56% indica di voler trascorrere più tempo in famiglia e il 20% di mettere al mondo un figlio), vero argine alle difficoltà del presente. Prevalgono gli stili di vita più slow e si riducono gli spazi per la vita frenetica e la stessa iperconnessione digitale.
D’altro canto, gli ultimi anni (ed in particolare gli ultimi mesi di crescita dei prezzi) hanno lasciato ferite profonde nel corpo sociale del Paese. Il 18% degli italiani dichiara nel 2022 di aver fatto fronte a un permanente disagio alimentare (circa 9 milioni) e 1 su 4 teme la vera povertà per il 2023 (non avere soldi per cibo, trasporto, abiti, scuola). E sono soprattutto gli imprevisti a mettere a repentaglio questa fragile armonia; il 66% del campione non saprebbe come far fronte a una spesa improvvisa e non rimandabile di 850 euro.
Proiettando questa disposizione d’animo sul fronte dei consumi, inevitabile la rinuncia al superfluo per garantirsi l’essenziale. Cibo e salute restano centrali per il benessere degli italiani e si rinuncia invece (a malincuore) all’outdoor, ai viaggi e alla convivialità. Per i durevoli si pensa a cambiare gli elettrodomestici più vecchi ma si rinvia l’acquisto della nuova auto (il 29% conta di acquistare un grande elettrodomestico nei prossimi 12 mesi e per converso un 35% vorrebbe l’auto nuova ma non l’acquisterà) con la casa al top delle priorità (il 67% dichiara di volersi dedicare alla ristrutturazione). Per far fronte all’aumento dei prezzi l’80% degli italiani cambierà anche le proprie abitudini alimentari orientandosi verso diete più salutari e meatless, ma più sobrie e certamente “zero waste” e “no frills”. Secondo il 40% dei manager Food & Beverage intervistati il 2023 sarà un anno all’insegna della sobrietà ed essenzialità alimentare. Sugli scaffali le novità del 2023 saranno la pasta e le farine prodotte con grani antichi o con prodotti low carb e maggiore contenuto di proteine. E se dovesse rinunciare a quella vera, già oggi un italiano su cinque ai prodotti di origine vegetale preferirebbe la carne coltivata in vitro.
Sul fronte macroeconomico, grazie soprattutto alla parziale riduzione dei prezzi del gas, il 2023 sarà un anno di stagnazione ma non di decrescita (+0,2% le previsioni del Pil 2023 su 2022 secondo i manager italiani) con una inflazione ancora sostenuta ma inferiore a quella del 2022 (+6,1%% secondo i manager italiani). Gli andamenti più recenti motivano anche un andamento positivo dei consumi (al netto dell’inflazione) che le ultime previsioni per il 2023 collocano all’1,4%. A preoccupare maggiormente sono invece soprattutto i consumi e i risultati economici della filiera alimentare. Se infatti dopo un anno di aumenti record, le previsioni dei manager stimano un primo rallentamento dei prezzi entro l’estate, l’inflazione dei beni alimentari lavorati resterà elevata (+ 6,7% medio nel 2023 secondo i manager italiani del settore Food & Beverage), si ridurranno i volumi acquistati dalle famiglie nella Gdo (-0,9%) e si conferma il peggioramento della redditività delle imprese industriali e, soprattutto, distributive (lo teme il 66% dei manager del settore) con conseguente calo degli investimenti (37%) e ricadute anche sul fronte occupazionale (27%). Innovazione e ristrutturazione sono la ricetta necessaria per uscire da questa difficile crisi sia nell’organizzazione dei processi aziendali (lo afferma il 38%), sia nel prodotto e nel servizio (32%) fino ai canali e alla rete di vendita (26%). E in questo la Marca del Distributore sembra davvero una panacea in grado di risolvere i problemi, mentre rimangono intoccabili la sostenibilità ambientale e sociale delle azioni e dei prodotti.