Lavoro, disallineamento domanda-offerta: due terzi degli italiani lo imputano agli stipendi troppo bassi, la metà al ricorso eccessivo al tempo determinato; serve salario minimo, bene incentivi al reshoring.

Roma, 10 maggio 2022 – Gli italiani imputano le difficoltà di incontro tra domanda ed offerta di lavoro principalmente alle imprese, che offrono stipendi troppo bassi e fanno un massiccio utilizzo di contratti a tempo determinato, e pensano che per sostenere la crescita economica e l’occupazione lo Stato dovrebbe definire un salario minimo e incentivare il reshoring delle imprese che hanno delocalizzato le produzioni.

Sono le principali evidenze che emergono dal Report “FragilItalia”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, sulla base dei risultati di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione per testare l’evoluzione della percezione del lavoro, delle problematiche connesse e degli interventi auspicabili.

In particolare, due terzi degli italiani, il 65% (il 73% tra gli over 50, il 61% tra gli under 30), indicano come motivo del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro gli stipendi bassi; quasi la metà, il 49% (il 56% tra gli over 50, il 44% tra gli under 30), il ricorso massiccio a contratti a tempo determinato. C’è però un 35% (41% tra gli over 50, 29% tra gli under 30) che, anziché mettere le imprese sul “banco degli imputati”, ritiene che le persone non sappiano adattarsi e cerchino il lavoro ideale.

Riguardo agli interventi che lo Stato dovrebbe attivare per migliorare la situazione, il 45% indica la necessità di definire un salario minimo (rispetto alla rilevazione di sei mesi fa, si registra un incremento di 5 punti percentuali), il 39% (-7 punti percentuali) di incentivare il reshoring delle imprese italiane che avevano delocalizzato le produzioni, il 33% (+ 2 punti percentuali) di disincentivare i contratti a tempo determinato, il 26% (+3 punti percentuali) di facilitare il passaggio da lavoro a lavoro. La richiesta di salario minimo è più alta del dato medio tra gli under 30 (49%) e nel ceto popolare (47%). Gli over 50 registrano le percentuali più elevate nella richiesta di incentivare il reshoring delle imprese italiane (47%) e di disincentivare i contratti a termine (38%).

“Nella società italiana -sottolinea Mauro Lusetti, Presidente di Legacoop- oltre ad allargarsi le diseguaglianze, avanzano ‘segnali deboli’ in molte sfere delle nostre comunità: bisogni, speranze, stili di vita. Ne troviamo conferma anche in questo studio sul lavoro. Da un lato il lavoro continua ad essere una grande preoccupazione per gli italiani, con l’esigenza di stabilità e sicurezza ben salde al primo posto. Sotto, però, emergono attese per un lavoro di qualità, che lasci spazio alla vita personale e famigliare, che si adatti alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia. Tra le fratture che continuano a evidenziarsi, la più preoccupante è quella tra cittadini e imprese, che va affrontata subito. È ovvio che i cittadini attribuiscono le colpe della questione salariale, ormai palese, al tessuto produttivo. È un tema che abbiamo ben presente e al quale, come imprese cooperative, rispondiamo con un’attenzione costante al benessere di soci e lavoratori e con la loro partecipazione alla gestione dell’impresa. Ma è indubbio che le imprese sono spesso in difficoltà. Sono necessari interventi di sistema sul costo del lavoro e sul sostegno a lavoratori e famiglie. Diversamente, rischia di alimentarsi ulteriore malessere generalizzato verso le imprese, che mai come in questa fase sono la leva per riavviare lo sviluppo del paese. Insomma l’Italia non solo ha bisogno di lavoro, ma di buon lavoro. Non di economia, ma di buona economia”.

L’analisi di Area Studi Legacoop e Ipsos si è anche concentrata sul senso del lavoro per gli italiani e sugli aspetti che ne definiscono la qualità. Dai risultati dell’indagine emerge che per 9 italiani su 10 il lavoro è soprattutto una fonte di reddito; per l’86% è un modo per affermare la propria indipendenza. Altissime anche le percentuali di chi indica il lavoro come opportunità di crescita personale (84%), modo per realizzarsi come persona (83%) e per costruirsi una posizione sociale (81%).

Riguardo alle caratteristiche del lavoro ideale, in testa alle aspettative degli italiani ci sono la stabilità, indicata dal 40% (ma in calo di 5 punti percentuali rispetto a sei mesi fa), e il trattamento economico, indicato dal 39% (-6 punti percentuali). Al terzo posto la disponibilità di tempo libero e orari flessibili, che registra una crescita di 2 punti percentuali attestandosi al 30%. Da rilevare l’aumento di 5 punti percentuali di chi indica la possibilità di smart working (il 17%).

Infine, un focus sugli aspetti qualificanti del lavoro subordinato e del lavoro autonomo. La sicurezza dello stipendio (63%, che sale al 69% tra i non occupati) e la possibilità di un futuro certo (40%, 44% per i non occupati) sono i due aspetti principali che motivano l’attrattività di un lavoro subordinato, seguiti dalla possibilità di fare carriera: un dato che risulta in crescita di 6 punti percentuali, collocandosi al 30% (con una punta del 41% tra gli under 30).  

Relativamente al lavoro autonomo, i fattori maggiore attrattività sono la possibilità di gestione del tempo, indicata dal 44% (+10 punti percentuali rispetto a sei mesi fa) e di avere una maggiore soddisfazione personale (per il 43%). Al terzo posto (35%, in crescita di due punti percentuali) l’opportunità di coniugare con più facilità vita professionale e vita privata.

Condividi su:
Leggi altri articoli correlati