Direzione e Presidenza di Legacoop Romagna lo avevano annunciato sin dal 25 luglio scorso, quando si sono rese evidenti le principali candidature alle elezioni appena conclusesi: le elezioni regionali per noi rappresentano l’appuntamento strategico per lo sviluppo della cooperazione romagnola e per la tenuta sociale ed economica della nostra comunità.
Infatti il nuovo Governo della Regione Emilia-Romagna avrà il non facile compito di mantenere i livelli di qualità della vita attuali e di rilanciare il territorio, dopo anni segnati da sfide (spesso inattese) di ogni tipo. Tra le altre, quelle derivate dalla pandemia, dalla crisi economica e dall’inflazione, dalla situazione internazionale, dall’alluvione.
Per questo, assieme alla cooperative associate, abbiamo scelto di “metterci la faccia”, con proposte programmatiche concrete, favorendo il confronto con i candidati (o, almeno, con quelli che hanno dimostrato di considerare la cooperazione di Legacoop un interlocutore degno di essere ascoltato), sia impegnandoci per incentivare il più possibile la partecipazione democratica al voto, principio cardine di tutto il movimento cooperativo.
Va ammesso subito; su quest’ultimo punto abbiamo fallito tutti. Ed è un fallimento che brucia. Un dato di partecipazione al voto così basso – pur se abbondantemente annunciato ed anche se superiore a quello peggiore del 2015 -, dimostra come vi sia moltissimo da fare per allontanare gli spettri antidemocratici che stanno caratterizzando troppa parte di un contesto mondiale nel quale in modo troppo esplicito si inizia a teorizzare la preferenza per scorciatoie che la storia non troppo lontana del nostro Paese ha già dimostrato essere pronte a chiederci prezzi altissimi. Perché quando si mette a rischio il principio di democrazia, si mette a rischio la libertà di tutti.
Su questo non possiamo limitarci “ad aprire un dibattito”: noi cooperatori, che i principi di democrazia e partecipazione li pratichiamo quotidianamente, essendone orgogliosi, dobbiamo essere protagonisti di “una grande opera di formazione per rendere coscienti del fatto che libertà e democrazia sono un valore in sé, prezioso ed insostituibile” ((tratto da “Due generazioni, una rivoluzione” di Vannino Chiti e Valerio Martinelli, commentato da Matteo Zuppi e Romano Prodi). E ciò sapendo, però, che è difficile dialogare, poiché non abbiamo più gli strumenti ed i luoghi del dialogo. Se non i nostri e poco più.
Ma, naturalmente, le elezioni regionali sono state anche il luogo del confronto tra diverse visioni del futuro dell’Emilia-Romagna.
Sin dai mesi scorsi noi cooperatori abbiamo messo in luce come gli ottimi risultati raggiunti dalla nostra Regione, che in molti parametri si trova ai primi posti in Europa e nel mondo, derivino da un metodo preciso, costruito attorno a criteri precisi di condivisione, responsabilità e ascolto.
Non abbiamo quindi nascosto come lo sforzo di coesione avviato con il “Patto per il clima ed il lavoro”, che ha coinvolto proficuamente tutti i livelli regionali delle parti sociali, non solo debba proseguire, ma debba essere sottoposto ad un’opera di revisione e di rafforzamento. Questo perché, nonostante la capacità amministrativa dimostrata in questi anni, i problemi non mancano. Ed è solo facendo sistema che sarà possibile affrontare in modo efficace le emergenze che interessano le persone.
Prima di tutto, la sicurezza idrogeologica del territorio, perché di fronte al cambiamento climatico la Romagna si è scoperta di nuovo fragile.
L’invecchiamento della popolazione e la diminuzione delle nascite, la necessità di difendere la qualità del nostro servizio sanitario pubblico e universale, il diritto alla mobilità, il problema della casa per lavoratori e famiglie, le nuove tecnologie che modificano la relazione dentro e fuori le città, la rigenerazione e riqualificazione urbana.
Per quanto riguarda le imprese, la difficoltà a trovare lavoratori per garantire servizi e produzioni è citata come la questione più sentita da sei cooperative su dieci.
Di fronte a queste sfide, occorre rafforzare i momenti di collaborazione, concertazione e confronto che tutte le forze sociali e le istituzioni possono mettere in campo.
Ed è importante che chi Michele de Pascale e chi governerà con lui la Regione, eserciti appieno il ruolo strategico di istituzione sovraterritoriale al servizio di tutti i cittadini.
Per riuscirci, serviranno nuovi luoghi istituzionali in cui discutere con le associazioni economiche, sociali e del lavoro. E serviranno prima di tutto in una Romagna che ha necessità di non sbagliare le scelte e di concertarle sempre, dimenticando in fretta i tanti campanili che ci caratterizzano da sempre e che da sempre ci rendono meno forti; serviranno nuovi progetti condivisi di sviluppo dell’Emilia-Romagna e di tutela dei suoi valori; serviranno i valori della cooperazione, che tanto ha contribuito a rendere forte questa Regione.
Qualche riga fa ho dedicato a Michele de Pascale l’unico riferimento di questo (troppo) lungo articolo.
L’ho fatto non perché io sottovaluti il suo ruolo, ma proprio per il motivo contrario. Michele è uno di noi: è un cooperatore (dipendente di Federcoop, tema questo che in campagna elettorale è stato affrontato in un modo che ha fatto indignare tanti e forse vergognare chi l’ha sollevato, con illazioni che non hanno alcuna ragione di esistere); è un amministratore che, con i fatti, ha dimostrato capacità di mantenere sempre i piedi ancorai a terra, ma con una visione del futuro di Ravenna che abbiamo spesso condiviso e comunque sempre capito; è un romagnolo consapevole dei valori che ci tengono assieme e della necessità di tutelarli come un bene preziosissimo. E poi ha l’energia per affrontare le tante complessità che noi percepiamo e le tantissime che tensione sociali, spinte autoritarie, l’IA, ci imporranno di affrontare non di qui a 100 anni, ma dopodomani.
Di lui (mi permetto una nota di chiosa che so essere condivisa da tanti), abbiamo apprezzato una narrazione dell’Emilia-Romagna non fatta dell’esaltazione di ciò che siamo (è moltissimo, rispetto al resto d’Italia, ma non basta più nemmeno a noi, che abbiamo contribuito a costruirlo), ma della consapevolezza di un cambiamento che dovrà però poggiare sui nostri valori più preziosi.
E poi abbiamo condiviso anche la scelta di affrontare senza infingimenti, a viso aperto, qualunque interlocutore: l’alluvionato arrabbiato; il cittadino impaurito; l’avversario politico irrigidito sulle proprie convinzioni.
Perché in Romagna si fa così: i problemi si affrontano tutti, magari con una battuta o alzando un po’ la voce, ma senza lasciarne indietro alcuno, con l’obiettivo primario di non lasciare indietro nessuno. Sempre con la testardaggine di chi vuole lasciare le cose migliori di come le ha trovate.
Michele lo sa bene e noi siamo convinti che questo patrimonio di valori e di vita, sarà sempre anche il suo patrimonio personale da nuovo Presidente della Regione Emilia-Romagna.