La cooperazione fa lezione alla Ue. Il caso Granlatte, che controlla Granarolo, è stato presentato il 15 febbraio durante un seminario della DG Agri UE, che mette assieme la direzione A1 Della DG Agri, che si occupa di scrivere la definizione dei sistemi alimentari sostenibili, con i due gruppi di dialogo civile sulla Pac.
Al seminario ha partecipato Simona Caselli presidente della cooperativa Granlatte. “È un momento molto importante per la definizione delle linee strategiche sul tema della sostenibilità nei sistemi agroalimentari e credo che dobbiamo essere molto orgogliosi che la Commissione abbiamo chiesto portare la testimonianza di Granlatte in una sede così qualificata per parlare delle buone pratiche cooperative”.
La nostra zootecnia è e sarà sempre più sostenibile. Il contributo di Simona Caselli è servito per “mettere in evidenza che certe narrazioni sulla presunta insostenibilità della zootecnia sono completamente immotivate soprattutto perché sono riferite a modelli insostenibili come quello sudamericano con cui noi, che non deforestiamo e siamo basati su imprese familiari, non abbiamo niente a che fare. Le buone pratiche che partendo dal ciclo dei foraggi, usano tecniche di zootecnia di precisione, gestiscono gli effluenti producendo biometano e usando il rivestito di carbonio arrivano ad essere addirittura “carbon negative”.
Fondamentale l’aggregazione e una Ocm anche per il settore latte. Quello che la presidente di Granlatte ha inoltre sottolineato è “la necessità dell’aggregazione, sia per una corretta divisione del valore nella filiera sia per implementare le innovazioni necessarie per la sostenibilità”, oltre alla necessità di “una Ocm latte”. Secondo Caselli, “sono importanti le certificazioni, come il biologico, il lattefieno e quelle sulla sostenibilità” in quanto “Granarolo diversifica il pagamento del prezzo dl latte in base alla qualità, all’essere biologico o lattefieno”. Ma “la sostenibilità ha un costo e per ripagarla occorre pensare ad un Ocm anche per il settore latte”.
Il valore della cooperazione. Come sottolinea Cristian Maretti presidente di Legacoop Agroalimentare, “le cooperative del settore agroalimentare non hanno avuto bisogno di aspettare il green new deal per interventi concreti per migliorare le proprie produzioni dal punto di vista della sostenibilità. Lo hanno fatto sempre, seguendo la stella polare del reddito del produttore”. Perché, spiega Maretti, “la vera sfida che deve unire agroalimentare e ambiente è quello di avere imprese agricole attive partecipanti alla transizione ecologica e non un ambiente migliore perché le imprese chiudono. Le cooperative in questo aggiungono la necessità di garantire questi elementi in futuro perché sono un “testimone” che le diverse generazioni di agricoltori si passano tra loro”.