“Condividiamo gli obiettivi del provvedimento legislativo che rilancia la cultura come bene comune e strumento di inclusione e dialogo, ma riteniamo che le misure previste siano ben al di sotto delle necessità di sviluppo equo e coesivo di una filiera strategica per il Paese, capace di generare crescita sostenibile dei territori e impatti positivi in termini economici e sociali”.
A dirlo sono Simone Gamberini, presidente di Legacoop, e Giovanna Barni, presidente di CulTurMedia Legacoop, commentando l’assegnazione in sede referente alla commissione Cultura della Camera del progetto di conversione in legge del decreto 201/2024 con misure urgenti in materia di cultura.
Gamberini e Barni sottolineano come siano condivisibili gli obiettivi del provvedimento “a fronte della grave crisi che investe la diffusione di una cultura plurale, indipendente e partecipata e delle gravi diseguaglianze che dividono il Paese nelle opportunità di sviluppo e crescita di consapevolezza e competenze”. Allo stesso tempo, però, evidenziano l’insufficienza delle misure previste. “Si tratta infatti -affermano – di fondi minimi di sostegno a favore di biblioteche, editoria e librerie e di alcune misure di semplificazione per lo spettacolo che dovrebbero invece espandersi a tanti ambiti, incluso la gestione di spazi e luoghi della cultura”.
“Del resto – aggiungono – le scelte della legge di bilancio sembrano contraddire gli annunci, prospettando ennesimi tagli per il settore: oltre 147 milioni in meno nel 2025, 178 nel 2026 e 204 nel 2027, con la spesa che passa dallo 0,4% del PIL nel 2024 allo 0,3%, mai così bassa in Italia, a fronte di una media UE dell’1%”. “Auspichiamo pertanto – concludono Gamberini e Barni – che si dia corso a un vero e proprio ‘Piano Olivetti’, giustamente integrato alle altre misure di sviluppo e coesione delle aree più fragili del paese, che metta in campo una ben più ampia strategia nazionale di lungo periodo, condivisa e partecipata anche con quelle forze sociali ed economiche che, come la cooperazione, rappresentano oggi, sull’esempio olivettiano, un modello virtuoso ed equilibrato di sintesi tra interessi economici e innalzamento della qualità della vita e della socialità, di cui la cultura è elemento essenziale”