Una lavanderia industriale vittima di frode va in deficit e presto non ha più possibilità di pagare gli stipendi. Impotenti, i lavoratori sanno che l’impresa si muove alla deriva. E il peggio da lì a poco coinciderà con il disastro: l’epidemia da Sars -Cov -2. Si fermano le macchine. Per loro, niente ammortizzatori sociali, anche se per un errore risultano tutti in cassa integrazione.
La maggior parte si rassegna. Ma tra di loro ci sono Maria, Giacomo, Marco, Patrizia, che hanno tra i 50 e i 55 anni. E poi Valeria, 37 anni e un mutuo da pagare anche se la sicurezza del contratto a tempo indeterminato è venuta all’improvviso meno. Ed Emiro, che ha un bambino. Tutti temono che alla loro età e in piena pandemia sia più facile vincere un terno al lotto che trovare un altro posto di lavoro. In sette, si convincono che nonostante il crack dell’azienda, l’economia mondiale in picchiata e il Covid che avvinghia a sé l’Europa e il mondo, ci si debba giocare il tutto per tutto.
E quando l’azienda fallisce e rimane solo un capannone vuoto come le loro tasche, in sette tirano fuori l’asso dalla manica e fondano un workers buyout con l’aiuto di Legacoop Lazio e il finanziamento di CFI e Coopfond, strumenti finanziari a disposizione delle cooperative.
Grazie alla Legge Marcora, gli ex dipendenti si trasformano in imprenditori e fondano una cooperativa: 7Wash, lavanderia artigianale in provincia di Viterbo. Ricominciano da zero: non hanno una sede e così all’inizio si servono del garage di una collega. Non hanno un centesimo ma investono a testa 7.500 euro e con un capitale sociale di 52.500 euro ricominciano la salita. Sarà una corsa verso una ritrovata sicurezza. Perché dall’anno scorso ad oggi hanno quintuplicato i clienti: oggi sono in quaranta, tra piccoli b&b e ristoranti della Tuscia viterbese.
Ma i loro sacrifici non sono finiti: hanno stipendi ridotti a cifre da apprendisti ma fame di riscatto e un grande senso di solidarietà che li unisce. “Ancora paghiamo le conseguenze a livello emotivo di quanto accaduto. Abbiamo iniziato con il dubbio: apri una lavanderia tua ma poi cosa mangi se non hai uno stipendio?” racconta Valeria. “Ma a giugno dello scorso anno, quando sono arrivati i finanziamenti di CFI, abbiamo ingranato la marcia e comprato macchinari e furgone – continua-.
Da allora siamo in uno stabilimento a Settevene, nel Comune di Nepi, nel viterbese. Dal dicembre del 2021 lavoriamo in un capannone di 200 mq in una zona industriale e abbiamo comprato i macchinari per lo stiro da una lavanderia che ha chiuso”. E aggiunge: “C’è una cosa che va raccontata di questa storia: ed è la tenacia che deriva dal voler continuare a lavorare insieme perché questo workers buyout ci ha permesso di renderci utili quando in realtà prima, travolti dalla crisi dell’azienda, pensavamo di non essere utili a nessuno. E invece adesso ognuno di noi si spalleggia e siamo convinti di potercela fare”.
“Questi lavoratori avevano già accarezzato l’idea di mettersi in proprio e grazie alle strutture del movimento cooperativo, quindi ai fondi mutualistici Coopfond e CFI, abbiamo dato un aiuto importante per sostenere 7Wash”, commenta Massimo Pelosi, responsabile di Legacoop Lazio Distretto Nord. Questo a dimostrazione che quando c’è il lavoro di squadra e la volontà dei lavoratori le cose si possono fare. In questo è stato fondamentale il lavoro di Legacoop Lazio”, continua, “un lavoro di raccordo della struttura tecnica di CFI, di Coopfond e di tutto il movimento cooperativo, a sostegno della neocostituita cooperativa”.