“Chiediamo il supporto delle istituzioni per incentivare la prevenzione degli infortuni” ha detto Antonio Gottardo, responsabile del settore Agroalimentare e Pesca di Legacoop Veneto, mentre Alice Bossan, dirigente dell’Ufficio Attività istituzionali di Inail Veneto ha dichiarato che: “Informazione e formazione, lungo tutto il percorso di vita lavorativa, devono entrare nel patrimonio culturale di questa lunga tradizione veneta, consentendole di progredire su basi di maggiore sicurezza per tutti i soggetti coinvolti”
È quanto emerso dal progetto “Sicurezza a bordo e fattore umano”, promosso da Legacoop Veneto e Inail Veneto, in partnership con Isfid Prisma (ente di consulenza e formazione dell’associazione veneta), i cui risultati sono stati presentati in conferenza stampa nei giorni scorsi, nella sede di Legacoop a Marghera. Tra le azioni previste dal progetto, un’indagine preliminare: è il primo monitoraggio sul tema relativamente al settore della pesca tradizionale, punto di partenza per definire criticità e bisogni e per individuare le aree di intervento possibili.
Nello specifico, si tratta di un ambito della pesca da proteggere e sostenere (non da ultimo per le gravi emergenze, una su tutte il granchio blu), che vede peraltro un’attenzione sempre maggiore delle politiche europee, in primis per la sostenibilità delle sue pratiche e per il potenziale economico e occupazionale in crescita. D’altro canto, è un comparto costituito per la maggior parte da cooperative di liberi professionisti, che rispettano le leggi esistenti in materia di salute e sicurezza ma, allo stesso tempo, affrontano quotidianamente molteplici rischi, per alcuni dei quali le norme esistenti e la cultura della prevenzione da loro posseduta risultano essere insufficienti.
Dall’indagine svolta emerge come per chi lavora nelle imbarcazioni della pesca tradizionale, o ne è proprietario, salute e sicurezza continuino a non essere considerate tra le priorità. Si tratta di un settore a forte tradizione familiare, in cui il mestiere è tramandato come insieme di prassi e, al contempo, è formato da lavoratrici e lavoratori di età matura: a confermarlo l’anagrafica degli intervistati composta per l’80% da over 40, il che porta a pensare che se da un lato c’è maggiore esperienza, dall’altro proprio quest’ultima porta nella quotidianità a sottovalutare i rischi.
Lo studio – che ha coinvolto 157 intervistati tra presidenti di cooperative associate, proprietari di imbarcazione e imbarcati – rileva, infatti, che una larga parte sia degli armatori che degli imbarcati non considera rischioso il proprio lavoro (solo il 20% degli armatori e il 14% degli imbarcati ha un’assicurazione privata ulteriore rispetto a quella di Inail), nonostante il 30% di questi ultimi dichiari di essere stato coinvolto in un incidente. Ciò si lega al fatto che, trattandosi di un mestiere che si tramanda in famiglia (74% dei casi), spesso si danno per scontati i rischi connessi: basti pensare che appena il 14% degli armatori e il 17% degli imbarcati dichiara di aver ricevuto informazioni sui rischi a bordo e il 23% degli imbarcati non sa nuotare. Ancora, tra i due gruppi esiste una diversa posizione in merito alla formazione: tutti i presidenti hanno riferito di aver organizzato corsi per il personale, ma solo poco più della metà degli armatori e degli imbarcati dichiara di averli frequentati. Risulta inoltre evidente una fragilità sul fronte della dotazione di dispositivi di sicurezza a bordo, a partire dalla cassetta di primo soccorso (il 50% degli armatori e quasi il 20% degli imbarcati ne è sprovvisto) – che comunque non risulta essere un obbligo –, e dalla capacità di utilizzare gli estintori, se pure presenti (circa il 45% sia degli armatori che degli imbarcati non ha svolto corsi di formazione). A questo si aggiunge, infine, che il 22% degli armatori e il 9% degli imbarcati dichiara di non controllare la dotazione periodicamente.