Competitive, inclusive, innovative, partecipate, sostenibili. Hanno resistito perfino al Covid e anzi, in molti casi, durante l’emergenza sanitaria le imprese sociali hanno avuto un ruolo fondamentale, reagendo alla pandemia in modo creativo e dinamico, continuando a garantire servizi indispensabili alle comunità. «Hanno riempito il vuoto di socialità che la diffusione del virus ha generato», spiega Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione con il Sud, ente costituito 15 anni fa con l’obiettivo di promuovere e potenziare le strutture immateriali per lo sviluppo sociale, civile ed economico del Mezzogiorno.
Cooperative, fondazioni, organizzazioni e associazioni con attività imprenditoriale sono attori economici sempre più significativi per la loro capacità di valorizzare spazi, luoghi e legami, di rimodularsi velocemente e di generare occupazione. Non solo, sono anche in grado di raccordarsi ai nuovi modelli delle economie “emergenti”, da quella collaborativa al welfare, dalle imprese di comunità alle cosiddette economie coesive, fortemente radicate nei territori. E al Sud, il Terzo settore (della cui riforma si attende la completa applicazione) rappresenta un vero e proprio strumento di sviluppo.
Impegnate nel recupero di beni e terreni confiscati alla mafia, nella produzione di beni unici e innovativi (agricoltura e sostenibilità ambientale, ad esempio), in attività per detenuti, persone con disabilità, immigrati, donne vittime di violenza, le imprese sociali crescono e si consolidano. La IV edizione del Rapporto sull’impresa sociale di Iris Network – “L’impresa sociale in Italia. Identità, ruoli e resilienza” – conta circa 17mila cooperative in Italia con oltre 500mila addetti, di cui 7mila Mezzogiorno (6942 al Nord e le altre al Centro), orientate prevalentemente ad attività di assistenza sociale e protezione civile, di sviluppo economico e coesione sociale, cultura, sport e ricreazione.
«Il sociale produce sviluppo – afferma il presidente Borgomeo – Nel Meridione si è rovesciato lo schema che prima ammetteva interventi solo se la crescita economica lo consentiva. Basti pensare ai progetti sui beni confiscati, ai quali viene assegnata una dimensione imprenditoriale. È un’operazione sociale e politica rilevante».
Fondazione con il Sud ne ha sostenute 107: in una villa a picco sul mare, nei pressi di Palermo, è nato “Cambio rotta”, centro culturale polivalente diretto da Consorzio Ulisse. Nel quartiere Malaspina della città è stata creata una sartoria sociale che promuove il riciclo tessile insieme ad azioni di inclusione sociale. In provincia di Crotone, a San Leonardo di Cutro, invece, dalle ceneri di un bene confiscato è nato un ostello che si dedica al “turismo dell’amicizia”.
Un esperimento straordinario di conversione territoriale che ha trasformato «una zona off limits, in un’attrazione tutta napoletana, un brand nato da una relazione sentimentale tra comunità e luoghi», sottolinea Francesco Izzo, docente di Strategie e management dell’innovazione, del dipartimento di Economia dell’università Vanvitelli di Napoli, fra gli autori insieme a Stefano Consiglio e Nicola Flora, di una pubblicazione in tre volumi (“Cultura e Sociale muovono il Sud. Il modello Catacombe di Napoli”, Edizioni San Gennaro). Oggi la rinascita del Rione Sanità e l’esperienza delle Catacombe di San Gennaro (160 mila visitatori che valgono sul territorio 32 milioni di euro) ispira i migliori progetti di rigenerazione urbana dal basso. Come per la Piscina Mirabilis di Bacoli. Lo scorso anno, la cooperativa La Paranza ha vinto il “Global Remarkable Venue Awards 2020”, il premio che la piattaforma di prenotazioni online Tiqets assegna ai musei e alle attrazioni che offrono le migliori esperienze.
Nino Quaranta è il fondatore della cooperativa “Della Terra – Contadinanza Necessaria”: l’ente del Terzo settore gestisce alcuni terreni in provincia di Reggio Calabria, nei comuni di Laureana di Borrello, Rosarno e San Ferdinando dove le condizioni dei braccianti spesso rasentano la schiavitù. La cooperativa promuove agricoltura sociale e agroecologia, «nel rispetto della natura, delle specie viventi, dei ritmi biologici – spiega Quaranta – Pratichiamo agricoltura etica e politica per lo sviluppo sostenibile del nostro territorio. Sosteniamo i piccoli produttori e allo stesso tempo ci occupiamo di chiunque dia il proprio contributo al lavoro nei campi, a cominciare dagli immigrati che lavorano la nostra terra. In questo modo riusciamo a sottrarci anche alle logiche della grande distribuzione che ci obbliga a prezzi inaccettabili».
FONTE IL SOLE 24 ORE a cura di Donata Marrazzo