Nuovo codice appalti, intervista al presidente Legacoop Gamberini su “Il Diario dei nuovi appalti”: cruciali la qualificazione delle stazioni appaltanti e l’attuazione della revisione dei prezzi

Revisione prezzi nei lavori ma ancora di più nei servizi, offerta economicamente più vantaggiosa, in house, affidamenti e procedure senza gara, ruolo dell’ANAC e dei suoi atti: il presidente nazionale di Legacoop, Simone Gamberini, parla a tutto campo, in questa intervista esclusiva al Diario dei nuovi appalti, delle criticità di questa delicata fase di prima attuazione del nuovo codice. “Vorrei anzitutto sottolineare che sono d’accordo con il presidente Luigi Carbone quando dice che dopo aver costruito una Ferrari occorre qualificare il pilota, ossia le stazioni appaltanti, altrimenti la riforma rimane un’operazione a metà”. E sugli affidamenti senza gara formale è molto netto: “Ci sono aspetti critici, ma noi non vogliamo certamente tornare indietro, alle gare con 150 offerte di un tempo”.

Quali sono gli aspetti puntuali più critici che Legacoop individua nell’attuazione del nuovo codice appalti?

“Vorrei evidenziare anzitutto che la previsione, già presente nel vecchio codice, che fissa una soglia massima del 30% per la componente di punteggio attribuibile all’offerta economica, è stata riproposta solo con riferimento ai contratti ad alta intensità di manodopera. Riteniamo che l’esigenza di evitare un surrettizio ritorno al massimo ribasso, anche per tutelare al meglio i lavoratori, perseguita tramite questa norma, sia comune a tutti i settori, senza distinzioni, per cui si auspica un intervento correttivo in tal senso. Allo stesso tempo, manca ancora una previsione che vieti o disincentivi il ricorso alle formule lineari per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica. Tali formule accentuano il divario di punteggio a fronte di ribassi di poco distanti tra loro e, quindi, spingono alla formulazione di ribassi elevati, trasformando, di fatto, la gara in una gara al massimo ribasso. Un secondo aspetto molto critico è, senza dubbio, l’attuazione della revisione prezzi”.

Perché vi preoccupa?

“Pensiamo che nei servizi sarà ancora più critico che per i lavori. Per le opere pubbliche esistono già alcuni indici Istat sui costi di costruzione che pure andranno adeguati e adattati ai meccanismi, per altro ancora poco chiari, della nuova revisione prezzi. Per i servizi, invece, la questione è complicata da due elementi: gli indici generali Istat attualmente esistenti non sono affatto adatti a seguire l’aggiornamento dei costi e la componente costo del lavoro non sembra adeguatamente valorizzata rispetto a quanto previsto dalla legge delega che, ricordiamo, aveva indicato tra i parametri di cui tenere conto quello del riconoscimento degli aumenti derivanti dai rinnovi dei CCNL; inoltre nei servizi abbiamo comparti molto diversi fra loro, la ristorazione nelle scuole e negli ospedali, le pulizie, i servizi sociali, e ognuno di questi ha un suo specifico andamento dei costi. Nella ristorazione, per esempio, il rischio di rincari fortissimi è molto elevato in questa fase e se non siamo in grado di intervenire rapidamente, ci troveremo a fronteggiare grandi rischi di tenuta del mercato. Tutta questa preoccupante incertezza è confermata dal fatto che il bando tipo dell’ANAC sui servizi, in sostanza, non ha dato (e forse non poteva dare) indicazioni sufficienti sulla revisione prezzi. C’è poi il problema specifico delle concessioni”.

Qual è il problema delle concessioni?

“È la totale assenza di revisione prezzi per le concessioni attualmente in corso. Io non parlo di concessioni autostradali, ma in prevalenza di opere in ambito urbano, come ospedali o tranvie. Questa esclusione è stata una scelta precisa. Se però non si troverà una forma di compensazione dei costi, c’è il rischio serio che una serie di opere nelle nostre città restino bloccate dagli aumenti dei costi causati dal caro materiali ed energia che fanno saltare i piani economico finanziari su cui le operazioni sono state costruite, generalmente con un’anticipazione di capitali privati e prestiti bancari ripagati dall’amministrazione attraverso il pagamento di un canone ovvero supportati da un contributo pubblico divenuto oggi palesemente insufficiente”.

Sugli appalti di lavori quali sono i temi delicati che vedete?

“Rispetto ai lavori un tema sempre delicato è la semplificazione degli affidamenti. Vediamo alcuni aspetti critici, ma voglio dire subito che noi non siamo per tornare indietro, alle gare in cui si presentavano 150 offerte per opere anche medio-piccole e si assegnava l’opera con il cosiddetto taglio delle ali. Quindi va bene che si possa limitare l’invito a un numero ristretto di soggetti, a condizione che questi soggetti siano affidabili perché magari selezionati da albi”.

Non manca qualche paletto di trasparenza?

“Credo che i paletti di trasparenza avrebbero senso soprattutto rispetto all’in house, perché lì oggi l’amministrazione è messa in condizione di fare scelte eccessivamente discrezionali che rischiano di produrre un restringimento del mercato. Peraltro, questi ampi margini di libertà sono confermati dalla soppressione dell’Albo istituito all’ANAC che aveva anche una funzione di verifica di come sarebbero stati assegnati quei lavori. Lo abbiamo segnalato nei nostri incontri con ANAC che, per altro, sul punto è totalmente d’accordo”.

Ha detto delle difficoltà nei settori dei servizi. Ci sono altri aspetti che vi preoccupano?

“Un aspetto che ci preoccupa molto è il fatto che siano saltati i riferimenti per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura. Inizialmente sembrava una svista del nuovo codice, ora non capiamo se c’è un disegno. Il bando-tipo dell’ANAC in questa materia funzionava bene, anche se era già stato il riempimento di un vuoto normativo del codice 50. Oggi, però, di dimenticanza in dimenticanza, abbiamo eliminato ogni riferimento per le gare di ingegneria. In più si aggiunge la questione dell’equo compenso. Speriamo che il ministero della Giustizia e la cabina di regia affrontino la questione e trovino una soluzione sugli appalti, che credo debba essere di modifica normativa. A noi non convince la posizione espressa dal Consiglio nazionale degli ingegneri che imporrebbe gare a prezzo fisso per tutte le prestazioni di servizi. Intendiamoci, non siamo contrari in assoluto a gare a prezzo fisso e troviamo siano corrette per i servizi sociali o come nel caso della ristorazione scolastica, dove la concorrenza può essere pericolosa per l’utenza. Ma deve essere l’amministrazione a poterla scegliere su prestazioni con particolare caratteristiche e non perché venga imposta per legge”.

Che ruolo può avere l’ANAC in questa fase?

“Il ruolo dell’ANAC è cambiato molto con questo codice, dobbiamo capire bene quale sarà il nuovo. Per ora abbiamo visto confermato dall’ANAC un atteggiamento di grande disponibilità e ascolto nei confronti degli operatori e del mercato. E un grande impegno nel lavoro attuativo portato a termine con i decreti di fine giugno. Penso possa anche essere utile una po’ di dialettica fra un’Autorità, che fa della concorrenza la propria pietra angolare e il Governo, più orientato al risultato e alla semplificazione per la realizzazione delle opere. Ma, soprattutto, credo che sarebbe di grande aiuto dare maggiore spazio all’ANAC in questa fase attuativa del codice”.

Quale spazio?

“Il precedente codice ha vissuto il grande conflitto sulla natura e sulla funzione delle linee-guida dell’ANAC. Anche noi dicevamo che per operare al meglio le amministrazioni avevano bisogno di norme più certe delle linee-guida. Ora non c’è dubbio che il nuovo codice ha declassato quelle linee-guida. Gli allegati del codice e la possibilità di modificarli con decreti ministeriali sono una buona soluzione, soprattutto per la flessibilità che introducono. E non mi pare ci sia intenzione di varare un regolamento, che, al contrario, sarebbe molto rigido. Ristabilita questa gerarchia delle fonti, con le linee-guida e i bandi-tipo, che sono istruzioni alle amministrazioni, credo si potrebbe recuperare molto del lavoro fatto in passato dall’ANAC per sciogliere alcune criticità applicative, soprattutto nei servizi, e sempre che, ovviamente, le vecchie linee guida siano adeguate al nuovo codice. Allo stesso modo penso che i bandi-tipo e le relative note illustrative siano un buon modo per dare istruzioni concrete alle stazioni appaltanti, come ha dimostrato il bando-tipo n. 1 per servizi e forniture”.

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