Nuovo codice dei contratti pubblici, le preoccupazioni di Legacoop Veneto

Delle oltre 360 cooperative oggi associate a Legacoop Veneto circa due su tre per la loro attività hanno a che fare con gare pubbliche. In primis nel sociosanitario, nei multiservizi, la cultura e le costruzioni: settori che vedono ben il 90% delle imprese lavorare realizzando opere o fornendo beni e servizi a seguito di partecipazione ad appalti pubblici.

Sarà dunque una platea assai ampia di cooperative ad essere a breve toccata dalle significative novità introdotte dal “Nuovo codice dei contratti pubblici”, in vigore dal prossimo 1° aprile per tutti i nuovi procedimenti e poi applicabile anche a quelli già in corso da luglio, quando sarà abrogato il codice precedente.

«Si tratta di pezzi importanti di economia e di lavoro del Veneto per cui siamo profondamente preoccupati – ha sottolineato Devis Rizzo, presidente di Legacoop Veneto, introducendo i lavori del convegno che stamattina a Mestre ha messo al centro del dibattito proprio questi temi –. Serviva perciò promuovere uno spazio di confronto dedicato, per serrare le fila all’interno del nostro sistema di imprese e rafforzare la consapevolezza rispetto alle complessità che ci si troverà ad affrontare. Come organizzazione siamo pronti a monitorare quanto accadrà e a leggere con tempestività eventuali segnali di fragilità che verranno, perché su diversi fronti la nuova regolamentazione ha mosso passi di gambero».

Dalle cooperative che lavorano nei servizi per le persone e le famiglie (assistenza domiciliare, asili nido, rsa, accoglienza migranti…) a quelle della logistica, la ristorazione e le pulizie, e ancora dalle attività nell’edilizia fino alla produzione culturale e alla gestione di musei e di beni artistici e storici: se pure condivisibile nel suo impianto globale e per taluni specifici aspetti, il nuovo codice degli appalti farà infatti pesare su di loro nuove criticità che metteranno ulteriormente a dura prova la tenuta di alcune, a partire dal comparto delle costruzioni già gravemente toccato dalle diverse crisi.

«È una normativa lungo il cui iter legiferativo si è persa l’occasione strategica di introdurre leve importanti di contrasto ad alcuni rischi connaturati al sistema delle gare di appalto, rischi che da tempo denunciamo – ha aggiunto ancora il presidente –. Siamo ora in attesa di conoscere il testo definitivo del decreto, e pur confidando che alcune delle proposte avanzate a livello nazionale siano state recepite, fin da ora ribadiamo il nostro impegno a far emergere le istanze delle imprese e a utilizzare ogni spazio possibile di modifica che riterremo necessaria».

Il riferimento è in primis alla necessità di definire un tetto massimo per il punteggio dell’offerta economica (attualmente fissato al 30%), soglia che si era chiesto di abbassare o almeno di confermare e che il nuovo codice pare invece avere eliminato, rischiando di riportare il mercato nella piaga di un ampio utilizzo del massimo ribasso. C’è poi la mancata introduzione dell’adeguamento dei prezzi: serve infatti una stringente verifica da parte delle stazioni appaltanti affinché siano effettivamente congrui rispetto al mercato, basti pensare all’aumento del costo delle materie prime, dell’energia e delle attrezzature.

Considerate le copiose risorse arrivate e in arrivo anche in Veneto grazie al PNRR e le future gare di appalto bandite, è facile immaginare le potenziali dimensioni delle ricadute della nuova regolamentazione, e delle connesse criticità, su tante imprese. A partire dai settori “infrastrutture e trasporti”, “territorio e ambiente” e “infrastrutture e politiche sociali”, a cui sono destinate una notevole quantità di fondi.

Un settore, quello del sociale e sociosanitario – per fare un esempio tra tutti –, che vede assegnati in Veneto 804 milioni di euro, ossia su per giù il 13% delle risorse totali (per), e oggi conta un valore della produzione derivante da servizi affidati da enti pubblici ammontante a 298 milioni e 105mila euro per un numero di lavoratrici e lavoratori impiegati pari a 8.700.

«Il nostro è un comparto cosiddetto “ad alta intensità lavorativa”, che in un appalto vede incidere il costo del lavoro per oltre l’80%, e ha strettamente a che fare con le persone, in molti casi persone in situazioni di fragilità – ha messo in evidenza Pirro Piccolo, dell’Ufficio gare della cooperativa Socioculturale, aggiungendo –. Nel bene e nel male l’introduzione del nuovo codice degli appalti cambierà molte cose. E certo alcuni dei nuovi aspetti saranno senz’altro da verificare molto bene. Anzitutto sul fronte del risultato delle gare, perché se non sarà reintrodotta la soglia massima del peso dell’offerta economica rispetto al punteggio complessivo assegnato ai progetti, è pressoché inevitabile che le aggiudicazioni avverranno sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa continuando a premiare dunque il massimo ribasso, con i prevedibili esiti sul fronte della qualità dei servizi».

«Certo il nuovo codice si pone l’obiettivo di una maggiore semplificazione e cerca di operare una sintesi della frammentaria disciplina ora vigente, anche favorendo procedure più rapide – ha detto Adriano Rizzi, presidente di CoopCulture, una delle cooperative della cultura più significative a livello nazionale –. Ma su parecchi aspetti resta ancora poco definito e tutto si giocherà nella sua effettiva applicazione, di volta in volta, da parte delle singole stazioni appaltanti. Per le cooperative della cultura vi è una positiva attenzione allo strumento del partenariato pubblico-privato, destinato quindi anche a progetti di valorizzazione e gestione dei beni culturali. Uno strumento i cui vantaggi sono stati posti in chiara evidenza dai cambiamenti imposti in fase di pandemia, che ha messo in ulteriore crisi la sostenibilità ma anche il modello di gestione e organizzativo delle istituzioni culturali: andrebbe pertanto ulteriormente potenziato per consentire un suo maggiore e proficuo utilizzo».

Invitata al confronto con le cooperative anche l’onorevole Martina Semenzato, componente della VIII Commissione (ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei Deputati, che ha sottolineato: «La riforma del Codice degli appalti riveste una grande rilevanza in vista dell’attuazione del PNRR. Dal momento che l’impatto sul mondo delle imprese sarà importante, il Parlamento ha voluto svolgere numerosissime audizioni invitando i principali attori coinvolti a dare il proprio contributo. Un grande lavoro corale che ha visto, tra gli altri, anche la partecipazione di Legacoop, che ha fornito utili suggerimenti per la formulazione da parte delle Commissioni di Camera e Senato del parere inviato al Governo. Attendiamo ora il recepimento da parte del Consiglio dei Ministri che, viste le scadenze, dovrebbe arrivare a giorni».

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