Ostriche, Legacoop Agroalimentare e Agci Pesca e acquacoltura: bene proposta di Lollobrigida su taglio IVA

“L’adeguamento della nostra aliquota sulla produzione a quelle di altri Stati Ue nostri concorrenti come Francia e Spagna è una richiesta che abbiamo avanzato da tempo”, hanno aggiunto le due associazioni

Roma, 5 marzo 2025 – “Chiediamo da tempo di adeguare l’Iva sulla produzione di ostriche alle aliquote di altri Stati Ue nostri concorrenti come Francia e Spagna. Questo consentirebbe di vendere il prodotto a un prezzo più basso e favorirebbe una grande espressione della pesca made in Italy, un segmento emergente dell’acquacoltura in tutto il Paese”. Ad affermarlo, in un comunicato congiunto, Legacoop Agroalimentare e Agci Pesca e Acquacoltura, che approvano la proposta del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida sulla proposta di riduzione dell’imposta dal 22% al 10%. “Lo chiediamo – hanno aggiunto le due associazioni – a maggior ragione adesso dal momento che l’ostrica resiste meglio di altri molluschi al granchio blu e la riduzione dell’Iva è diventata una necessità per poter dare agli allevatori una possibilità di diversificazione. Quindi la sua coltivazione diventa importante per un settore a forte rischio per le innumerevoli perdite”.

Quella della riduzione dell’Iva è “una proposta che abbiamo avanzato con tutti i gruppi parlamentari perché ci sono famiglie di pescatori da tutelare, economie di intere marinerie da difendere. L’ostrica non deve essere relegata a prodotto di lusso in quanto da noi è frutto del lavoro e della sapienza di secoli di tradizione. Alla base dell’ostricoltura non ci sono i luoghi comuni che vanno tanto di moda sui social, ma grandi esperienze di ricerca, di sperimentazione, di tecniche produttive in contesti ambientalmente straordinari. Si fa molto presto a fare ironia su una dichiarazione di un ministro, ma bisognerebbe sforzarsi di comprendere che in questo momento ci sono migliaia di persone che sono a rischio nelle loro attività economiche per colpa di un invasore alieno, il granchio blu, e che è un dovere poter cercare delle alternative”.

Secondo dati recenti, oggi la produzione italiana di ostriche è di circa 500 tonnellate all’anno (erano appena 33 nel 2015), compresa la grossa fetta di produttori che fanno ri-immersione dall’estero, ovvero acquistano da Francia, Portogallo e Spagna e poi finiscono il processo in Italia. Numeri bassi rispetto ai cugini d’Oltralpe che ne producono circa 85mila tonnellate (10 anni fa erano 100mila). Inoltre ci sono gli ostricoltori che allevano ostriche da seme: si tratta di meno della metà della produzione complessiva italiana, quasi 180 tonnellate delle quali 10 tonnellate circa a La Spezia, il resto tra Sardegna, Puglia, Emilia Romagna e Veneto. Si tratta di un settore con una crescita importante che va sostenuta.

La coltivazione delle ostriche ha una storia che parte da lontano, già dal tempo dei Romani: nel 79 d.C. Plinio il Vecchio parla di allevamenti di ostriche a Pompei. Negli anni è riuscita a raggiungere numeri importanti, tanto da essere esportata anche nella stessa Francia che poi ne ha fatto un vanto nazionale e di fatto ha colonizzato il mercato.

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