Un sistema pensionistico in cui sia garantita adeguata flessibilità in uscita, senza penalizzazioni e costi a carico dei lavoratori. È questa la visione condivisa dalle maggiori sigle sindacali sulle proposte di legge in materia di requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico (C. 235 di Renate Gebhard del gruppo Misto e abbinate) su cui è in corso un ciclo di audizioni in commissione Lavoro della Camera, che esamina i testi in prima lettura. Al termine delle audizioni, ha spiegato la presidente Romina Mura (Pd), il gruppo di lavoro produrrà un documento di sintesi di cui il governo dovrebbe tenere conto nella prossima legge di bilancio, a conferma di quanto anticipato stamattina dal ministro dell’Economia Daniele Franco in audizione sulla Nadef 2021 (vedi ES 6/10/2021).
Diversi i punti su cui si sono trovati d’accordo Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, Ignazio Ganga, segretario confederale della Cisl, Fabio Porcelli, funzionario della Uil e Fiovo Bitti, dirigente confederale Ugl: se si interverrà sul sistema pensionistico, si dovrà trattare di una riforma tout court e in un’ottica di lungo periodo, superando gli interventi “spot” che creano incertezza e sfiducia nei lavoratori. Dovrà essere garantita flessibilità in uscita per l’accesso alla pensione, a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, escludendo qualsiasi penalizzazione derivante dal ricalcolo contributivo alla pensione o alla riduzione percentuale dell’assegno. Centrale, secondo le parti sociali, il tema del lavoro femminile e di cura, per cui sia Cgil che Cisl propongono di prevedere uno scomputo di 12 mesi per figlio; dei giovani e per i lavoratori meno tutelati, per cui si propone una pensione contributiva di garanzia che valorizzi i periodi che non hanno avuto scarsa o nessuna copertura contributiva, part time, di formazione, studio o inoccupazione. Ancora, la Uil propone di rilanciare il sistema di previdenza complementare, “seconda gamba del nostro sistema previdenziale”, per cui va previsto un meccanismo di silenzio assenso insieme ad una campagna di informazione. Bene infine un rafforzamento dell’APE sociale ma, secondo l’Ugl, un estensione e rifinanziamento della norma “non può essere sufficiente se paragonato all’impatto di quota 100”.