Romagna, 13/3/2025 — Le abbondanti precipitazioni degli ultimi mesi, in particolare nella provincia di Ravenna e nelle campagne di Forlì-Cesena, stanno mettendo in crisi, ancora una volta, l’agricoltura romagnola, già sottoposta al pesante condizionamento delle alluvioni del 2023 e 2024. Lo denuncia Legacoop Romgana in un comunicato stampa.
Problemi di asfissia nei terreni, impossibilità di accesso ai campi per le pratiche agronomiche e i trattamenti fitosanitari, necessità in alcuni casi di ricorrere ai droni per riuscire a effettuare la concimazione: sono queste le sfide che le cooperative agricole di braccianti (CAB) stanno affrontando. Le imprese hanno già espiantato oltre 300 ettari di grano per marcescenza dei semi o asfissia delle radici. Sono stati stravolti, per diverse colture, la programmazione delle semine (cerealicole e foraggere in particolare) e i trapianti primaverili (per bietola, bietola da seme, cipolla, pomodoro, coriandolo e altre).
Se le condizioni meteo non miglioreranno rapidamente, denuncia l’associazione, nel 2025 molte superfici resteranno incolte.
Gli uffici tecnici delle cooperative Terremerse, Cac, Apofruit e delle CAB sono al lavoro per monitorare e intervenire dove possibile, fa sapere ancora Legacoop Romagna. In generale, l’associazione rileva una forte allerta per il clima umido, caldo e piovoso della stagione e per una situazione meteorologica critica. Le conseguenze del cambiamento climatico, conclude il comunicato, “si stanno presentando nei campi con una velocità e una forza incredibili, mettendo a rischio anche i numerosi interventi che sono stati compiuti negli ultimi mesi per ripristinare la coltivabilità dei terreni”.
“Il negazionismo del riscaldamento globale”, commenta il presidente di Legacoop Romagna Paolo Lucchi, “è ormai superato dai fatti, è una questione che non si può più nemmeno discutere. Occorre che le istituzioni, a ogni livello, si muovano concretamente, superando la logica dell’emergenza di corto respiro. Serve rafforzare il sostegno alle aziende agricole per gli investimenti di ripristino e funzionalità dei terreni, nonché un fondo apposito per il cambiamento climatico, a livello nazionale ed europeo, in cui convogliare tutte le risorse e a cui attingere non solo per la ricostruzione, ma per realizzare opere di mitigazione e adattamento alle conseguenze del riscaldamento globale. Non si possono scaricare sui redditi degli agricoltori i costi della conversione ecologica”.