L’Italia tra i 4 Paesi che prevedono di eliminare gradualmente il carbone entro il 2030, ma con un aumento significativo del gas fossile
Secondo il nuovorapporto” Just Transition or Just Talk – 2020″, pubblicato da Ember e Climate Action Network (CAN) Europa, emerge che, analizzando i piani nazionali per l’energia e il clima (PNIEC) presentati all’Unione europea «11 Paesi carbonieri dell’Ue su 18 non hanno un piano compatibile con l’Accordo di Parigi per eliminare gradualmente il carbone entro il 2030».
Ember, un think-tank climatico indipendente che punta a una rapida transizione globale dal carbone alle emergie pulite, e CAN, una colazione di 1,500 ONG (170 europee) che lottano contro il cambiamento climatico, evidenziano che «Sette Paesi non prevedono di eliminare gradualmente il carbone entro il 2030: Bulgaria, Croazia, Cechia, Germania, Polonia, Romania e Slovenia. La capacità totale di carbone installata in tutti i 7 Paesi dovrebbe diminuire solo del 42% nel prossimo decennio. Si prevede che dopo il 2030 saranno operativi 52 GW di carbone, quasi tutti (~ 90%) in Cechia, Germania e Polonia».
Il rapporto fa notare che «4 Paesi prevedono di eliminare gradualmente il carbone entro il 2030, ma con un aumento significativo del gas fossile: Grecia, Ungheria, Irlanda e Italia. 7 paesi sono sulla buona strada per eliminare gradualmente il carbone entro il 2030, senza un aumento significativo del gas fossile: Danimarca, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia e Spagna».
Ember e CAN ricordano che «Nell’ambito del suo European Green Deal, la Commissione europea ha proposto un Fondo per una transizione giusta, del valore fino a 40 miliardi di euro, per sostenere le regioni dell’Ue più colpite dalla transizione verso un’economia low-carbon. Il nuovo rapporto dimostra che, senza una riforma, il Fondo per una transizione giusta rischia di ricompensare i ritardatari del clima a scapito dei Paesi con piani ambiziosi e compatibili con l’Accordo di Parigi per le loro regioni carbonifere».
Infatti, secondo l’attuale metodologia di assegnazione, quasi due terzi del Fondo andranno proprio ai 7 Paesi che non prevedono di eliminare gradualmente il carbone entro il 2030 e tra questi, a lungo termine, Bulgaria e Polonia stanno anche pianificando un espansione dell’uso di gas fossile. Più del 10% del Fondo andrà ai 4 Paesi – Italia compresa – che prevedono di eliminare gradualmente il carbone entro il 2030 ma con un aumento significativo dell’uso di gas fossile.
Va anche detto che i 40 miliardi proposti a maggio per il fondo dalla Commissione europea rischiano un taglio sostanziale, fino a 17,5 miliardi di euro, a vantaggio della proposta del coronavirus Recovery Instrument avanzata dal Consiglio europeo
Il rapporto arriva alla vigilia della votazione in plenaria del Parlamento europeo sul regolamento sul Fondo per una transizione giusta e CAN evidenzia che «Sia in plenaria che durante i negoziati di trilogo che dovrebbero iniziare successivamente, la possibile inclusione di esenzioni per gli investimenti in gas fossili nell’ambito del Fondo e la distribuzione del Fondo saranno due dei principali temi all’ordine del giorno. Se i governi nazionali non stabiliscono una tempistica chiara per andare oltre i combustibili fossili, non è chiaro come il Fondo per una transizione giusta sosterrà efficacemente le regioni e le comunità carbonifere durante la transizione energetica. Per rispettare gli impegni dell’Ue ai sensi dell’Accordo di Parigi e limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C, tutti i paesi dell’Ue devono eliminare gradualmente il carbone entro il 2030 e passare direttamente all’elettricità pulita senza aumentare l’uso di altri combustibili fossili come il gas fossile».
Charles Moore, responsabile del programma europeo di Ember, è convinto che «La maggior parte dei Paesi carbonieri dell’Ue non sono pronti per una transizione giusta. Non hanno intenzione di rinunciare al carbone entro il 2030 o prevedono di scambiare il carbone con il gas fossile: un altro vicolo cieco se l’Ue vuole rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi. Ora è il momento di sostenere le regioni carbonifere nei Paesi che stanno realmente passando a una rapida transizione energetica. Ma il Fondo per una transizione giusta sembra destinato a premiare l’inazione piuttosto che la reale ambizione climatica».
Elif Gündüzyeli, coordinatrice senior delle politiche del carbone di CAN Europe, ha sotolineato che «Essendo uno dei primi atti legislativi dell’European Green Deal, il Fondo per una transizione giusta deve essere all’altezza del suo nome sostenendo la transizione reale, non a parole. Se l’Ue vuole dimostrare il suo impegno per l’Accordo di Parigi, nessuna centrale elettrica a carbone dovrebbe essere operativa oltre il 2030. Transizione significa passare all’energia pulita e rinnovabile, non al gas fossile. Le regioni del carbone hanno bisogno di investimenti a prova di futuro nella nuova economia, non di un ulteriore radicamento nella dipendenza dai combustibili fossili».
Il rapporto chiede al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione Ue di «Garantire che il sostegno del Fondo per una transizione giusta sia subordinato a impegni ambiziosi per l’eliminazione graduale del carbone, al più tardi entro il 2030; e che tutte le forme di combustibili fossili – e in particolare il gas fossile – siano completamente escluse dal campo di applicazione del Fondo per una transizione giusta».
FONTE: Pubblicato il 10 settembre 2020 su www.greenreport.it