“Noi riteniamo opportuno che il Regolamento fissi degli obiettivi generali, lasciando i Paesi liberi di raggiungerli sulla base delle proprie caratteristiche, esperienze consolidate e risultati raggiunti”. Lo ha detto oggi nelle commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera il Responsabile Ambiente e Energia di Legacoop Giorgio Nanni, intervenuto in rappresentanza dell’Alleanza delle cooperative insieme a Maria Adele Prosperoni, Responsabile con le stesse deleghe per Confcooperative, nell’ambito dell’esame in fase ascendente della proposta di Regolamento su imballaggi e rifiuti di imballaggio. Una volta concluso il ciclo di audizioni, i due gruppi di lavoro, come gli omologhi del Senato (Ambiente e Industria), dovranno fornire i propri rilievi sul provvedimento con una risoluzione, che sarà inviata alla Commissione Europea. Ricordiamo che le commissioni Politiche UE di Camera e Senato si sono già espresse (vedi ES 20/4/2023).
“Per ottenere un flusso di imballaggi più circolare, le disposizioni dovrebbero seguire il principio ‘pensare prima in piccolo’”, ha spiegato Nanni, cioè “bisogna tenere in considerazione le preoccupazioni specifiche delle piccole e medie imprese, che hanno limitate risorse e conoscenze tecniche, e dare tempo alle imprese che fabbricano prodotti su piccola scala o unici di adottare i nuovi processi produttivi.”
“Sulle restrizioni ai cosiddetti imballaggi inutili, si suggerisce una valutazione di impatto sulle produzioni e le filiere in termini di salubrità ed integrità dei prodotti, sui costi aziendali e sulla conservazione dei prodotti agroalimentari, nonché sullo spreco alimentare e sulle modalità di presentazione per la vendita”, ha aggiunto.
“Per quanto riguarda il riutilizzo e la ricarica”, ha ricordato Nanni, “si prevede una quota parte di imballaggi riutilizzabili per talune realtà produttive, che però non sarebbe applicabile ad altre filiere, ad esempio all’agroalimentare. I sistemi di riutilizzo dovrebbero essere incoraggiati laddove le prove scientifiche dimostrino che questa è l’opzione migliore per l’ambiente, tenendo in considerazione aspetti rilevanti come il trasporto, l’uso di energia e i processi di lavaggio. Le distinzioni sono necessarie, in particolare per garantire che questi sistemi non mettano in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori”.
Sul deposito cauzionale: “È necessario che rimangano margini di libertà agli Stati. Qualunque sistema, anche adottato volontariamente, di deposito cauzionale, dovrà essere strutturato e pensato in primis in termini di valutazione di impatto gestionale per le varie organizzazioni coinvolte, ma anche e soprattutto in funzione di un’adeguata ponderazione dell’impegno che il cauzionamento comporterebbe per il settore distributivo. Bisogna prendere decisioni condivise con gli operatori, per introdurre modelli di cauzionamento che garantiscano un’adeguata remunerazione a un settore, quello della distribuzione, che diversamente rischia di dover sopportare costi rilevanti dalla gestione dei rifiuti”.
Prosperoni è intervenuta in primis sulla tecnica normativa e la forma del Regolamento: “Riteniamo che effettivamente il Regolamento potrebbe avere una funzione di uniformare la disciplina nel settore degli imballaggi, che è un settore molto delicato. Però abbiamo già vissuto in passato, proprio sul settore degli imballaggi, delle fughe in avanti di diversi Stati membri. Per cui, in questa situazione, in cui comunque non è escluso che poi gli altri Stati vadano a disciplinare in maniera più restrittiva la materia, riteniamo che la direttiva lasci molto più spazio allo Stato di valutare quali sono le misure migliori per garantire l’efficacia nel raggiungimento dei nuovi obiettivi sugli imballaggi, su cui ovviamente siamo assolutamente d’accordo”.
“Non riteniamo che questo Regolamento risponda completamente agli obiettivi che si prefigge”, ha affermato Prosperoni, “soprattutto perché non c’è una differenziazione tra le tipologie di imballaggi e tra le funzioni d’uso degli imballaggi. Non viene considerato il trend nel comportamento dei consumatori, in particolare la sempre più ampia diffusione delle pratiche di e-commerce, e si prescinde anche dalla valutazione dei risultati che l’Italia ha ampiamente raggiunto, soprattutto per quanto riguarda il riciclo dei materiali”.
“Riteniamo che in questa situazione l’impegno dello Stato italiano possa essere massimo per garantire un raccordo con altre discipline comunitarie, anche queste da rivisitare. Si tratta in particolare della direttiva sulle plastiche monouso (single use plastics, SUP), che in questo momento contiene delle norme di coordinamento. Sappiamo che la direttiva SUP ha creato gravi problemi in molti settori: sulla nozione di tappo nel settore lattiero caseario, sul tema dell’etichettatura dei prodotti compostabili, sul fatto che la plastica compostabile biodegradabile è trattata come la plastica normale. Tutte questioni che già l’Italia aveva sollevato in sede di recepimento della direttiva Sup. Riteniamo che l’esame del nuovo Regolamento possa essere l’occasione per riaprire il dibattito a livello comunitario”.
Entrando più nello specifico delle norme del Regolamento, Prosperoni si è soffermata su alcuni punti:
1. “Questo Regolamento nasce per ridurre gli imballaggi inutili. Il grosso problema che rileviamo è che vengono qualificati come inutili degli imballaggi che hanno una funzione determinante in termini di sicurezza alimentare, conservabilità dei prodotti e loro durabilità. L’articolo 22, in combinato con un allegato, vieta l’immissione in commercio di tutta una serie di prodotti, quali per esempio le confezioni dell’ortofrutta sotto il chilo e mezzo, che hanno la funzione di prevenire lo spreco alimentare e garantire sicurezza, igiene e durabilità. L’impatto sul settore agroalimentare, in particolare dell’ortofrutta, di questo Regolamento, è altissimo e riteniamo che uno degli impegni che lo Stato italiano dovrebbe porsi è proprio quello di garantire una valutazione di impatto a livello nazionale di queste misure”.
2. “Abbiamo anche delle perplessità su tutto il settore agroalimentare, anche vitivinicolo, come impatto, per quanto riguarda gli obiettivi di riutilizzo e ricarica, che danno adito al dibattito sulla responsabilità della distribuzione, altro settore che noi rappresentiamo. Già quando negli scorsi anni fu sollevato il tema delle buste compostabili dell’ortofrutta e si dovette capire se fosse possibile portare dall’esterno la busta in un supermercato, il Consiglio di Stato aveva elaborato un parere molto dettagliato proprio sui profili di responsabilità del distributore, quindi del settore della distribuzione, nel caso in cui un cliente arrivi con un imballaggio che non ha le caratteristiche, diciamo, di igiene e di sicurezza. Questo è un tema che sicuramente dobbiamo affrontare” anche in relazione alla proposta di Regolamento”.
3. “Un’altra preoccupazione è legata al fatto che gli imballaggi hanno una forte funzione di marketing, soprattutto nel settore agroalimentare e vitivinicolo, che in questo Regolamento non viene affatto presa in considerazione”, ha concluso la rappresentante di Confcooperative.