Per proteggere i lavoratori dai rischi collegati alle temperature troppo elevate, i datori di lavoro potranno riprogrammare i turni di lavoro, attivare misure di sorveglianza sanitaria, fare ricorso allo smart working e agli ammortizzatori sociali previsti per eventi meteo. Lo prevede la bozza del protocollo “caldo” (in allegato) presentata ieri dal ministro del Lavoro, Marina Calderone, alle parti sociali in una riunione a cui hanno partecipato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, il ministro della Salute Orazio Schillaci, l’Inl, l’Inps, l’Inail, l’Anci, l’Upi, la Conferenza delle Regioni, le associazioni datoriali e sindacali.
Obiettivo del protocollo è di “fornire indicazioni operative finalizzate alla gestione dei rischi determinati dallo svolgimento dell’attività lavorativa in presenza di condizioni climatiche non adeguate”, per “scongiurare infortuni e malattie professionali, come anche eventi e condizioni di malessere, connessi all’innalzamento delle temperature, con particolare attenzione agli strumenti dell’informazione, della formazione, della prevenzione, della corretta attuazione della sorveglianza sanitaria e della valutazione dei rischi, al fine di determinare misure adeguate di tutela”. In questo senso, i firmatari si impegnano, in aggiunta alla possibilità per l’azienda di ricorrere al lavoro agile o da remoto e agli ammortizzatori sociali, ad “indicare percorsi di intervento e misure condivise, valide anche nel caso di presenza di studenti in PCTO o nelle altre forme di istruzione e formazione, che dovranno essere declinate nei diversi contesti lavorativi mediante protocolli aziendali”. Le regole elencate nel documento dovranno essere applicate e verificate dai datori di lavoro attraverso la stipula di un protocollo da declinare nei diversi contesti lavorativi con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS/RLST) e, quando non previste, quelle territoriali. Dovranno inoltre coinvolgere i lavoratori nell’applicazione e nell’aggiornamento del protocollo, includendo i loro feedback e suggerimenti per migliorare la sicurezza del luogo di lavoro.
I datori di lavoro, più nel dettaglio, dovranno svolgere una valutazione dei rischi preventiva, in cui si dovrà tenere conto fra le altre cose delle possibili ondate di calore, dei fattori che contribuiscono all’insorgenza di patologie da calore, e di una serie di fattori di rischio come l’età, la presenza di patologie croniche, l’assunzione di farmaci, un eventuale stato di gravidanza. Sulla base degli esiti della valutazione, sarà possibile attivare la sorveglianza sanitaria verso determinati lavoratori, e potrà essere considerata la possibilità di programmare esami medici periodici per i lavoratori esposti a condizioni di caldo estremo.
Ancora, il protocollo richiede alle aziende di adottare misure di informazione adeguate verso i lavoratori, che dovranno comprendere raccomandazioni, ad esempio, sugli abiti più adatti da indossare, sull’importanza di rimanere idratati, sui fattori di rischio individuali e alla gestione dei sintomi delle patologie da calore. Sulla base della valutazione dei rischi, inoltre, i datori di lavoro potranno intervenire sull’organizzazione dei piani di lavoro, riprogrammandole, pianificandole per fare in modo che le attività più faticose avvengano nei momenti più freschi, interrompendole in casi estremi, per eliminare o, quando non possibile, ridurre l’esposizione diretta dei lavoratori alle alte temperature. Vengono poi sllecitate attività di vigillanza e controllo, e di monitoraggio preventivo delle condizioni metereologiche.