“Nella manovra manca una visione prospettica sulle politiche industriali, c’è un problema sul potere d’acquisto dei lavoratori, rispetto al quale si vedono alcuni segnali positivi riguardo al cuneo fiscale e ad altre defiscalizzazioni, ma non vediamo le condizioni per interventi, quantomeno di defiscalizzazione, che favoriscano gli investimenti delle imprese verso la transizione digitale ed ecologica e che consentano alle nostre imprese di essere più competitive“. Lo ha affermato il presidente di Legacoop Simone Gamberini, intervenuto l’11 novembre durante la puntata di Rai News 24 Economia, nella quale ha spiegato anche che ci troviamo in una fase particolare dell’economia italiana, essendo la produzione industriale in calo da 20 mesi.
“È irrinunciabile l’impegno verso la decarbonizzazione – ha proseguito Gamberini – con tempi da definire e costi di adattamento da bilanciare: dal 1° gennaio, ad esempio, tutte le imprese italiane dovranno sottoscrivere un’assicurazione legata al cambiamento climatico, che è già un primo costo”, ha spiegato.
Durante la trasmissione, Gamberini ha detto: “La dimensione nazionale non basta più, gli scenari competitivi vedono di fronte a noi i grandi blocchi internazionali di Stati Uniti e Cina, che hanno costruito politiche per garantire la competitività delle loro imprese. Oggi in Europa – ha spiegato il presidente di Legacoop – manca una politica industriale attiva che è presente nel “Piano Draghi” ma non è oggetto di discussione né nei singoli Stati né a livello europeo. Il nostro continente è quello che cresce meno e ha evidenti problemi di deindustrializzazione”, ha proseguito Gamberini citando, come esempio, il settore dell’automotive.
Infine il presidente, interpellato riguardo alle conseguenze della possibile scelta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre dazi commerciali sui prodotti importati dall’estero, ha dichiarato: “Viviamo questa fase di grande incertezza, in attesa di quella che potrebbe essere una sorta di guerra commerciale con gli Stati Uniti, come un danno complessivo che rischia di ricadere sulle imprese: gli USA sono il nostro secondo mercato, la Germania, che è in sofferenza, è il primo. Occorrono politiche europee che definiscano meglio gli interessi continentali – ha concluso – per stabilire quali sono le industrie da proteggere”.