Una percentuale di pagamenti diretti ai fondi di mutualizzazione per danni all’agricoltura per eventi calamitosi, la possibilità di trasferire fondi dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) al Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), criteri oggettivi per la determinazione dell’agricoltore attivo e risorse al 20% del bilancio per i pagamenti diretti da destinare agli eco-schemi volontari. Questi alcuni dei temi emersi durante l’audizione del Capo Dipartimento delle politiche europee internazionali e dello sviluppo rurale del ministero delle Politiche Agricole Giuseppe Blasi, svoltasi oggi in commissione Agricoltura al Senato, nell’ambito dell’affare assegnato n.627 sulle problematiche connesse alla riforma della Politica agricola comune (PAC) anche nell’ottica degli interventi per contrastare gli effetti del COVID-19.
“Gli accordi raggiunti in sede comunitaria sono stati il frutto di un lungo negoziato durato due anni e mezzo che ha portato al raggiungimento di alcuni punti comuni per quella che sarà la fase transitoria fino a dicembre 2022”, ha evidenziato Blasi, “che precederà gli obiettivi messi in campo per la politica agricola comune dei prossimi anni con i 910 milioni di fondi del Next Generation Eu e quelli del Piano strategico nazionale”. “L’introduzione, in merito al primo pilastro, di una clausola di salvaguardia che destina il 20% delle risorse dei pagamenti diretti da destinare agli eco schemi obbligatori è stata una delle misure raggiunte più importanti“, ha detto Blasi, “ma c’è una proposta del Parlamento europeo che vorrebbe portala al 30%”. “Importante anche l’adozione di principi di condizionalità più flessibili e adattabili per i diversi territori dell’Unione, che per il nostro Paese significa la revisione della proposta dell’obbligo di rotazione per il riso e la diversificazione delle superifice della costituzione di aree ecologiche per aziende con più di 10 ettari”, ha aggiunto il rappresentante del Mipaaf. Fondamentale, sempre a detta di Blasi, aver raggiunto in questi due anni di negoziato lo scorporo di tutti i costi del lavoro dell’applicazione del capping da parte degli stati membri i quali possono sceglire di fissare un tetto all’importo del pagamento di base che ogni agricoltore riceve, e che ora può essere attuato per importi superiori di 100 mila per le aziende.
Relativamente all’effettiva riforma della politica agricola comune che vedrà la sua attuazione nel 2023, con la definitiva redazione del Piano strategico nazionale, le scelte andranno a coprire 3 macro aree: aspetti finanziari, soggetti beneficiari e tipologie di interventi. Per il primo aspetto, è prevista la possibilità di trasferire fondi tra i pilastri, dal Feasr al Feaga, quote che andranno a architetture verdi, degressività degli aiuti, sostegno accoppiato. Quanto ai soggetti beneficiari, “saranno adottati dei criteri oggettivi e non discriminatori per la definizione di soggetto agricoltore attivo”, ha tenuto a precisare Blasi, “aggiungendo inoltre forme di aggiornamento per i fondi di assicurazione a giovani agricoltori.” La convergenza interna dei titoli, la progressiva scelta di uscire dai progetti di aiuto sono le tipologie di intervento, alle quali si aggiungono gli schemi consueti per i settori dell’ortofrutta, vino, olio e apicultura. “La Commissione europea, nella riunione del 18 dicembre scorso, ha elaborato delle raccomandazioni che gli stati membri devono includere nei propri piani strategici, che sono linee guida e non vincoli”, ha precisato Blasi, anche se la Commissione si attende che i piani strategici diano risposte molto concrete rispetto a contenuti recenti come il Farm to fork, il Green deal e la strategia su biodiversità”, in conclusione.