Scuola e lavoro: per gli italiani la scuola è appena sufficiente, e inadatta per formare al lavoro. In metà del Paese, mismatch tra imprese e formazione professionale.

Roma, 15 settembre 2021 – Gli italiani promuovono il sistema scolastico per un soffio (voto medio 6,3), indicandone come problemi principali i programmi di studio obsoleti, le dotazioni tecnologiche inadeguate, la scarsa motivazione dei docenti, l’edilizia scolastica, le classi sovraffollate. Lo ritengono incapace di fornire competenze adeguate al mercato del lavoro e ne ravvisano le differenze qualitative tra le diverse aree del Paese e tra grandi città e provincia. Inoltre, relativamente al rapporto tra istruzione secondaria superiore e mondo del lavoro, appare evidente il mismatch, in quasi la metà del territorio nazionale, tra specializzazione produttiva e specializzazione formativa tecnico-professionale.

È quanto emerge dai risultati di “Gli italiani e la scuola”, secondo report di #FragilItalia, l’osservatorio di AreaStudi Legacoop, nato dalla collaborazione con IPSOS e Centro studi di Unioncamere Emilia-Romagna, che, attraverso l’indagine di opinione e i più recenti dati disponibili, monitora l’evoluzione dei principali fenomeni sociali ed economici attuali del Paese.

Come già detto, la valutazione media complessiva del sistema scolastico italiano si attesta ad un valore di poco superiore alla sufficienza (voto 6,3), con variazioni relative ai diversi livelli di istruzione. Il voto più alto va all’Università (6,6) seguita a ruota dalla scuola dell’infanzia (6,5) e dalle scuole elementari (6,4). Gli asili nido ottengono un 6,2, mentre il voto più basso (6) va alle scuole medie e alle superiori. Le principali carenze della scuola vengono riscontrate nei programmi di studio obsoleti e troppo teorici (52%, con punte del 67% tra gli under 30 e del 60% nel Nord Est), nelle dotazioni tecnologiche inadeguate (50%, e 57% nel Sud e Isole), nella scarsa motivazione dei docenti (50%), nell’edilizia scolastica (47%, con una punta del 58% al Sud), nelle classi sovraffollate (39%). Netta la valutazione sulla qualità del sistema scolastico in relazione ai diversi contesti geografici e demografici. Per il 59% degli intervistati le scuole migliori sono al Nord (con punte del 92% tra gli intervistati de Nord Est e dell’82% tra quelli del Nord Ovest), mentre solo il 5% si esprime a favore delle scuole del Sud (per il 25% non ci sono differenze). Inoltre, per il 52% le scuole migliori sono nelle grandi città (con punte del 60% tra gli under 30 e nel Nord Ovest), mentre solo il 15% opta per la provincia (per il 33% non ci sono differenze).

I giudizi critici si estendono anche alla capacità del sistema scolastico di fornire competenze adeguate al mercato del lavoro. Infatti, se la percentuale di chi lo ritiene molto o abbastanza in grado di fornire adeguate competenze linguistiche è al 44%, il dato cala drasticamente per le competenze green (23%) e le competenze digitali (22%). In particolare, per le competenze green (dove il 77% esprime un giudizio di inadeguatezza), i più delusi sono i baby boomers, le donne e i residenti al Centro Nord (tutti all’80%), ravvisando, come problemi principali, lo scarso interesse dei docenti, la loro scarsa preparazione e la mancanza di centri di ricerca. Per le competenze digitali (78% di giudizi negativi), i più delusi sono i giovani, i ceti popolari e i residenti nel Centro e nel Sud; i problemi principali indicati sono le carenze dei laboratori, l’obsolescenza dei programmi didattici, la scarsa preparazione dei docenti. Ma quali sono i percorsi formativi che, secondo gli italiani, offrono maggiori opportunità di ingresso nel mondo del lavoro? In testa alle preferenze si collocano informatica e telecomunicazioni (45%), seguite dal percorso sanitario (29%) e dal percorso meccanica, meccatronica ed energia (26%). Fanalino di coda gli indirizzi artistico e musicale, moda e umanistico. Per migliorare la capacità di favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, gli intervistati indicano, per la scuola superiore, l’opportunità di attivare gli scambi culturali con le scuole dell’UE, prevedere corsi specifici per l’accesso al lavoro, effettuare stage presso le imprese; per l’università, gli stage presso le imprese si collocano al primo posto, seguiti dalla possibilità di svolgere studi all’estero e da presentazioni aziendali.

“Nel periodo della pandemia l’attenzione si è rivolta al sistema di istruzione, a tutti i livelli -commenta Mauro Lusetti, Presidente di Legacoop- “ne abbiamo tutti percepito distintamente sia l’impatto sociale, sulla vita delle famiglie e dei nostri giovani, sia sull’economia. L’urgenza di far ripartire in sicurezza questo settore cruciale per far ripartire il Paese è diventato quasi uno slogan. Però non si possono ridurre tutti i problemi della scuola italiana al green pass sì, green pass no. Così come per il Paese nel suo complesso è venuto il momento di investire nella direzione giusta, nel superare ritardi ormai annosi, per il sistema di istruzione significa soprattutto innalzare e rendere più omogenea la qualità del sistema su tutto il territorio nazionale, e rafforzare e qualificare il rapporto tra istruzione e lavoro. Scuole, imprese, lavoro sono il sistema nervoso delle nostre comunità: e noi dobbiamo investire nelle comunità”.

 

Il mismatch tra imprese e formazione tecnico-professionale

Il report è completato da un’analisi, a livello nazionale e territoriale, del rapporto tra istruzione secondaria superiore e mondo del lavoro. Ne risulta, intanto, un sostanziale equilibrio, a livello nazionale, tra percorso liceale (50,8% degli studenti nell’anno scolastico 2019-2020) e percorso tecnico-professionale (49,2%), con differenze marcate in alcune regioni. Il percorso liceale segna una notevole prevalenza nel Lazio (62,6%), in Abruzzo (56,7%) e in Umbria (56%). Mentre in testa alle regioni dove prevale l’istruzione tecnico-professionale c’è il Veneto (56,1%), seguito da Emilia Romagna (55%) e Friuli Venezia Giulia (53,2%). Interessante il confronto tra la distribuzione settoriale dell’occupazione e la distribuzione settoriale della formazione tecnico-professionale. Prendendo a riferimento l’intero territorio nazionale, risulta evidente che mentre per industria e agroalimentare c’è una sostanziale corrispondenza, nel terziario, a fronte del 53,3% dell’occupazione, la quota di studenti impegnati nello specifico percorso di istruzione è del 44,5%. Dinamica opposta nel turismo, dove la quota di studenti (15,6%) supera quella dei lavoratori (9,5%). Se poi si mettono a confronto, a scala provinciale, la specializzazione produttiva e la specializzazione formativa, si registra un mismatch tra offerta lavorativa e formativa, con specifiche differenze territoriali. Ad esempio, il Sud presenta un gap formativo nell’agroalimentare e nel terziario, mentre in alcune aree dell’Italia settentrionale l’indirizzo turistico sembra eccedere la potenziale offerta di lavoro.

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