“Gli infortuni sul lavoro pesano sul Pil nella misura del 2,6%, gravando sul sistema sanitario, previdenziale, assicurativo, amministrativo e giudiziario, pesando sull’economia sana e lo stato sociale”. Lo ha sottolineato il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che stamattina è stato ascoltato dalla commissione d’inchiesta sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati. Orlando ha ricordato che il governo punta a varare entro il 2022 “un ambizioso Piano nazionale per la lotta al sommerso” con l’obiettivo di ridurre di almeno un terzo il divario tra l’Italia e la media europea nella diffusione del fenomeno. “La sfida – ha chiarito – sarà soprattutto quella di rendere per le imprese i benefici dall’operare nella legalità superiori ai costi connessi all’utilizzo di lavoro irregolare”.
Cooperative. Nel contrasto agli infortuni sul lavoro, ha spiegato Orlando, dovrà essere data priorità all’ammodernamento tecnologico, di macchine e attrezzature, “con particolare attenzione al tessuto delle piccole medie imprese, al variegato mondo delle cooperative e dei lavoratori autonomi”, che più hanno bisogno di supporto operativo, formativo e specialistico.
Principali criticità. “Guardando la curva degli infortuni negli ultimi trent’anni – ha chiarito il ministro – si nota che non esiste una correlazione diretta con l’indice di disoccupazione o con l’andamento dell’economia”: gli infortuni “sono correlati alla legalità del lavoro” e “aumentano quando ci sono pochi controlli, maglie larghe nella contrattualistica, una più debole rappresentanza dei lavoratori”. Queste, secondo il ministro, le direttrici su cui è necessario muoversi “con urgenza”, e che andranno accompagnate “con un profondo lavoro culturale di educazione alla legalità”. Bisognerà rendere più fluido il sistema istituzionale disegnato dal Testo Unico sulla salute e la sicurezza (il dlgs 9 aprile 2008 n. 8) potenziando il ruolo di cabina di regia del Comitato prevedendo una struttura dotata di un apparato stabile e la redazione di un rapporto annuale al Parlamento potrebbe costituire, secondo Orlando, un utile elemento di informazione e riflessione. Troppo frammentate, secondo il ministro, le risposte sul territorio nazionale, a causa dell’inadeguato coordinamento tra Stato centrale e regioni: per questo, sarà fondamentale prevedere un un sistema informativo aggiornato, facendo dialogare tra loro le diverse banche dati (prima di tutto Inail, Inps, Servizio sanitario nazionale).
Vigilanza, la prevenzione e la formazione: questi, secondo Orlando i tre ingredienti per un’azione efficace contro gli infortuni sul lavoro. “Diversi studi dimostrano che per ogni euro speso in prevenzione se ne guadagnano 4 in salute”, ha spiegato. Ha anche fatto sapere che il ministero sta già lavorando all’elaborazione di un nuovo strumento operativo in capo agli organi di vigilanza rivolto alle imprese, per “un intervento diretto, urgente e risolutivo” tramite controlli ispettive sulle imprese con lavoratori in nero in misura superiore al 10% degli occupati, gravi violazioni in materia di sicurezza del lavoro, presenza di lavoratori sfruttati e in caso di accertamento dei reati di lesioni, omicidio colposo, disastro, rimozione delle cautele. In presenza di queste condizioni “si prevedono varie misure anche interdittive, secondo gradualità e proporzionalità” a carico delle imprese coinvolte. “La qualificazione della imprese è un nodo ancora irrisolto”, ha aggiunto: in quest’ottica, secondo Orlando, nella definizione dei requisiti minimi di qualificazione delle imprese dovrà essere presa in considerazione anche la formazione alla sicurezza del datore di lavoro. “Occorre intervenire sulle aziende che insistono nella violazione normative” che, secondo l’Ispettorato nazionale del lavoro, sono quasi sempre piccole e medie imprese, con meno di 15 dipendenti e che hanno affidato in appalto parti de ciclo produttivo. “È questa la parte del lavoro da prendere in considerazione”.
Caporalato. Sul fronte del caporalato, a parere del ministro, “è stato fatto molto” ma rimangono delle questioni cruciali da tenere a mente: il problema non va associato esclusivamente all’agricoltura, molte inchieste recenti fanno riferimento a casi di caporalato nei settori dell’edilizia e della cantieristica; la responsabilità è dell’intera filiera e non della singola impresa; prezzi al di sotto della soglia di mercato e concorrenza sleale sono la prima causa del lavoro improprio. Il tavolo sul caporalato (istituito presso il ministero del Lavoro a gennaio 2019) tornerà a riunirsi il 27 luglio, sono già partite attività ispettive, attivati sul territorio nazionale progetti per 100 milioni di euro, per il finanziamento dell’help desk anticaporalato, per il reinserimento lavorativo e per la sicurezza.