SOSTENIBILITÀ – Direttiva CSRD, i nuovi obblighi di reporting per le imprese

Le grandi imprese dell’UE saranno obbligate a rendere pubblici i dati sul loro impatto sull’ambiente, sulle persone, sul pianeta e sui rischi di sostenibilità a cui sono esposte. Lo stabilisce la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la direttiva 2022/2464 UE pubblicata il 16 dicembre scorso sulla Gazzetta ufficiale UE ed entrata in vigore il 3 gennaio 2023, a cui la Fondazione O.I.B.R. (Organismo italiano business reporting) ha deciso di dedicare la nuova stagione di seminari di approfondimento (vedi notizia Sostenibilità del 3 febbraio 2023). Di seguito le principali novità contenute nella direttiva, che dovrà essere recepita dagli ordinamenti nazionali entro due anni dall’entrata in vigore, dunque entro il 3 gennaio 2025.

Nuovi standard di sostenibilità

La direttiva affronta le carenze della legislazione vigente prima della sua entrata in vigore relativamente alla dichiarazione di informazioni non finanziarie. La CSRD introduce obblighi di trasparenza più dettagliati sull’impatto delle imprese sull’ambiente, sui diritti umani e sugli standard sociali, sulla base di criteri comuni in linea con gli obiettivi climatici dell’UE.

Le imprese dovranno comunicare informazioni sul modo in cui il loro modello aziendale incide sulla loro sostenibilità e su come fattori di sostenibilità esterni (ad esempio i cambiamenti climatici o le questioni relative ai diritti umani) influenzano le loro attività. Ciò consentirà agli investitori e alle altre parti interessate di prendere decisioni informate sulle questioni di sostenibilità.

Le imprese saranno soggette a controlli e certificazioni indipendenti per assicurare che i dati forniti siano affidabili. La dichiarazione sulla sostenibilità sarà equiparata a quella finanziaria permettendo agli investitori di disporre di dati comparabili e attendibili. Inoltre, dovrà essere garantito l’accesso digitale alle informazioni sulla sostenibilità.

Applicazione

Le nuove norme in materia di comunicazione sulla sostenibilità si applicheranno a tutte le grandi imprese e a tutte le società quotate in mercati regolamentati, a eccezione delle microimprese quotate. Le imprese saranno anche responsabili della valutazione delle informazioni applicabili alle imprese “figlie”. Varranno anche per le piccole e medie imprese (PMI) quotate, tenendo conto delle loro specificità. Per le PMI quotate sarà possibile una deroga (“opt-out”) durante un periodo transitorio, che le esenterà dall’applicazione della direttiva fino al 2028.

Per quanto riguarda le imprese non europee, l’obbligo di presentare una relazione sulla sostenibilità si applica a tutte le imprese che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell’UE e che hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nell’UE. Queste imprese devono fornire un’informativa sui loro impatti in materia ambientale, sociale e di governance (“ESG“).

La direttiva ha affidato al Gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (EFRAG) il compito di elaborare i 12 European Sustainability Reporting Standards (ESRS), ora al vaglio della Commissione UE per l’approvazione finale dell’Atto Delegato che renderà gli standards obbligatori in tutta l’UE, a seguito di consultazioni con gli Stati membri dell’UE e con una serie di organismi europei.

Tappe per l’applicazione

La direttiva si applicherà in quattro fasi:

  • nel 2025, comunicazione sull’esercizio finanziario 2024 per le imprese già soggette alla direttiva, cioè quelle degli Stati che avranno già recepito le norme;
  • nel 2026, comunicazione sull’esercizio finanziario 2025 per le grandi imprese ancora non soggette alla direttiva;
  • nel 2027, comunicazione sull’esercizio finanziario 2026 per le PMI quotate (a eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi;
  • nel 2029, comunicazione sull’esercizio finanziario 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell’UE, se hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nell’UE.
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