Superbonus: Alleanza Cooperative di Abitanti, prorogarlo subito almeno fino al 2023; la complessità degli interventi da realizzare richiede ben più di un anno

Roma, 17 dicembre 2020 – L’Alleanza delle Cooperative Italiane di Abitanti sostiene l’appello unitario di tutta la filiera delle Costruzioni che chiede al Governo di prorogare subito il Superbonus 110% almeno fino al 2023: se si vuole essere coerenti con l’obiettivo di questa misura epocale, occorre infatti prendere atto che l’attuale scadenza al 2021 è troppo stringente e non consente alle cooperative di programmare gli interventi necessari per mettere in efficienza e in sicurezza migliaia di edifici.

La cooperazione di abitanti dell’Alleanza ritiene che il Superbonus 110% sia una grande occasione, un propulsore per rilanciare il settore della riqualificazione degli edifici di proprietà e/o gestiti dalle proprie associate, oltre che un’occasione da non perdere per la messa in sicurezza e la rigenerazione di porzioni di città. La cooperazione di abitanti infatti si muove sulla dimensione dei caseggiati e dei quartieri, di edifici con centinaia di alloggi abitati dai soci (40.000 alloggi a proprietà indivisa), la cui riqualificazione richiede una progettazione attenta e un’esecuzione rispettosa con tempi più lunghi rispetto agli edifici non abitati.

Per accedere alla richiesta sono previste indagini preliminari sugli edifici, che costituiscono un requisito di partenza sostanziale per avviare il processo: è impensabile che interventi così complessi possano essere iniziati e completati in un anno, considerando anche le ricadute della pandemia da COVID 19 sull’efficienza di tutta la macchina amministrativa.

Occorre un lasso temporale congruo, non meno della fine del 2023, per consentire alle cooperative di abitanti di programmare e realizzare lavori importanti di riqualificazione energetica e di messa in sicurezza sismica.

Ci sono inoltre alcuni snodi cruciali su cui sarà necessario fare chiarezza in merito alla possibilità di accedere a un mix di detrazioni (non solo 110% ma anche 50%) su interventi complessi della proprietà indivisa o di consentire interventi che comportano demolizione e ricostruzione non contestuale. Sono alcuni esempi di questioni dirimenti rispetto alla possibilità di trasformare interi pezzi di città anziché limitarsi ad un approccio burocratico che rischia di confinare la misura a interventi semplici ed evidentemente con minore impatto ambientale.

E se si ritiene che una percentuale di detrazione di questa entità sia insostenibile come misura strutturale, si potrebbe iniziare a ragionare con un “approccio selettivo”: i patrimoni con destinazione ad alloggio sociale sarebbero certamente adeguati ad un obiettivo che integra ambiente e inclusione.

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